La pre-apertura delle Giornate degli Autori è stata una vera celebrazione del cinema, tra il ricordo e lo spirito di una festa. La Casa degli Autori ha aperto le porte al pubblico della Mostra per inaugurare la Sala Laguna, il nuovo spazio realizzato in collaborazione con Isola Edipo che torna ad essere il luogo del cinema anche per i lidensi a cui viene restituita. Una sala che le Giornate e Isola Edipo sono felici di dedicare alla memoria di Valentina Pedicini, regista e amica che ci ha lasciati lo scorso novembre. Il primo film in programma è Il mondo a scatti di Paolo Pisanelli e Cecilia Mangini, la prima documentarista italiana del dopoguerra e pioniera del cinema underground nel nostro paese, scomparsa lo scorso gennaio. Il film, distribuito da Cinecittà, è un omaggio all’idea stessa di cinema, un documentario dedicato a quell’attimo che le immagini hanno il potere di immortalare rendendole un elemento di un ingranaggio chiamato film.
“Iniziare questa avventura in nome di Valentina Pedicini – ha detto Giorgio Gosetti, delegato generale delle Giornate – è una gioia e un auspicio. Valentina per tutti noi è stata vita, luce, emozione e leale amicizia. Un talento grande e vitale che è ciò che da sempre cerchiamo negli Autori che accompagniamo in sala. E la targa col suo nome che è collocata in Sala Laguna nel nome delle Giornate e Isola Edipo sarà per tutti un bellissimo porta fortuna”. “Siamo felici di inaugurare una sala che è, oggi, un luogo di cultura e di resistenza – dichiara Gaia Furrer, direttrice artistica delle Giornate degli Autori – in nome di una giovane guerrigliera del cinema come Valentina Pedicini e di una maestra del cinema indipendente come Cecilia Mangini. Due cineaste che pure nelle differenza artistiche e generazionali ci piace ricordare in virtù di un comune spirito di ricerca etico e battagliero.” “Il nostro, quello mio e di Cecilia – dice Pisanelli ricordando l’amica recentemente scomparsa – è un film infinito. E’ iniziato nel 2016 e poi è stato continuamente interrotto. Per cose belle: nel frattempo abbiamo fatto tre documentari e tre corti. E’ un film che ragiona sulle immagini e un viaggio attraverso di loro e le loro trasformazioni. Siamo entrambi partiti dall’analogico e ci siamo trovati nella tempesta e nella rapidità del digitale. La magia della camera oscura era un altro modo di concepire il rapporto con le immagini, andavano, sviluppate e fissate. C’era il fattore tempo. Oggi le immagini transitano in PC e cellulari e spesso nemmeno vengono stampate. Cercando di riorganizzare i reportage di Cecilia ci siamo imbattuti in elementi importanti, c’era una scatola di scarpe piene di foto del Vietnam che hanno portato prima alla realizzazione di un corto e poi di Due scatole dimenticate – Viaggio in Vietnam, che ci ha dato molte soddisfazioni”.
Che persona era Cecilia Mangini?, chiediamo al regista: “Una persona di valore importantissimo a livello internazionale e nazionale. Ha viaggiato tanto, con le immagini ma anche fisicamente, ha incontrato Agnes Varda alla Festa del Cinema del Reale, oppure a Teheran, dove si trovava chiaramente a disagio per dover portare il velo. Sono piccoli esempi delle grandi cose che ha fatto. Quando si presentò al Centro Sperimentale dicendo che voleva fare regia la guardarono storto. Non era considerato un mestiere per le donne: poteva fare, la costumista, la sarta, al massimo la segretaria di edizione, invece si è affermata come persona e come donna, specificando sempre che si sentiva una documentarista, anche se poi è stata anche sceneggiatrice di grandi film di fiction come La torta in cielo, tratto da Rodari”. Cinema e fotografia sono le due arti moderne che lavorano con le immagini, e in questo film si intrecciano perfettamente: “L’immagine è potente, da sempre – dice Pisanelli – ma se prima, con il dipinto rupestre, c’era un rapporto diretto, ora si passa per la macchina, prima in modo analogico e poi digitale. Ripeto, è una tempesta, Cecilia stessa si lamentava che non si può più guardare in pace un’immagine in un museo, perché la gente le assalta per farsi i selfie. Il rapporto con le immagini è una sorta di duello. Un duello al sole”.
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