“Quando ho fatto Romanzo criminale nessuno mi ha chiesto se mi intendessi di criminalità organizzata e quando ho fatto Il cacciatore non mi hanno chiesto se fossi esperto di procure, ora tutti mi chiedono quanto conosco il calcio. La risposta è che non ho nemmeno una squadra del cuore, ma sono affascinato da ciò che circonda il calcio, che fa parte della nostra cultura quotidiana”. Succede perché l’ex Libanese Francesco Montanari è diventato Corso Manni, un tempo procuratore calcistico di prima grandezza e oggi – dopo essere stato trascinato in tribunale con l’accusa di essere coinvolto nelle scommesse clandestine – un professionista di talento che cerca “di riprendersi ciò che è suo e ritrovare il suo posto nel mondo”. Attorno a lui e al mondo del calciomercato ruota Il grande gioco, nuova serie Sky Original in 8 episodi dal 18 novembre in esclusiva su Sky e in streaming solo su Now in prima serata per quattro settimane (ma con il primo episodio disponibile per tutti su Youtube).
La serie, targata Sky Studios ed Èliseo entertainment, è prodotta da Luca Barbareschi e diretta da Fabio Resinaro (Mine, Dolceroma) e Nico Marzano. Come spiega il suo showrunner Giacomo Durzi, “parte dal dato reale del periodo breve, frenetico ed elettrizzante del calciomercato per allargare lo sguardo a personaggi che hanno un passato, degli obiettivi e una posta in gioco molto alta. Il racconto condensa nel calciomercato un dramma shakespeariano animato da figure archetipiche. E la protagonista femminile Elena incarna qualcosa che sta arrivando: le procuratrici, sempre più numerose in un mondo molto maschile”. Elena, interpretata da Elena Radonicich, è la figlia del temutissimo fondatore della più importante agenzia italiana di calciatori (incarnato da Giancarlo Giannini), procuratrice in gamba, ex moglie di Corso e sorella di Federico (Lorenzo Cervasio), anche lui procuratore ed erede designato (ma scapestrato) dell’impero del padre. Perché qui non si parla solo di calcio, ma anche di rapporti travagliati tra genitori e figli, di tradimenti e manipolazioni nel nome del dio denaro. “È una grande saga familiare con elementi di giallo”, dice infatti Nils Hartmann, Executive Vice President Sky Studios Italia e Germania, che ricorda come Romanzo criminale abbia appena compiuto 14 anni. “A quei tempi – aggiunge – Sky produceva una serie l’anno”. Per rimanere in tema, è curioso sottolineare come l’idea della serie Il grande gioco sia di Alessandro Roia, altro storico interprete di Romanzo criminale.
L’obiettivo de ll grande gioco – che ha nel cast anche il figlio d’arte Giovanni Crozza Signoris nei panni di un giovane fenomeno del pallone e Lorenzo Aloi in quelli dell’ingenuo assistente di Corso – è quello di arrivare anche a spettatori non esperti di calcio. “Lui è appassionato di calcio – dice il regista Fabio Resinaro riferendosi al collega Nico Marzano – Io no, ma il mio punto di vista era utile proprio perché la serie vuole arrivare a un pubblico largo, quindi anche a chi non se ne intende. Abbiamo lavorato tanto sul linguaggio, sapendo che il calcio si racconta molto da sé. Abbiamo avuto un approccio rispettoso visto che eravamo alle prese con un argomento sacro e stavamo spiando dove non sarebbe consentito”. Ovvero dietro le quinte, là dove lo sport si trasforma in manovre spericolate di potere e denaro, affari lontanissimi dalle idee di gioco, talento e passione, in cui vince chi manipola meglio gli altri, e il sistema.
“Il mio è un personaggio femminile forte come pochi – afferma Radonicich – Tridimensionale e contraddittorio, porta avanti una strategia potente, sbagliando in continuazione. È una che lavora per essere riconosciuta, per essere vista”. Il capofamiglia Giannini, scoppiettante in conferenza stampa, scherza: “Ho letto la sceneggiatura ma non ci ho capito nulla, infatti non volevo fare la serie, ma Barbareschi mi ha convinto offrendomi il doppio. Poi ho incontrato un procuratore per fargli qualche domanda sul suo lavoro, premettendogli che non avevo capito niente, lui mi ha risposto ‘nemmeno io so quello che faccio, fai come ti senti’, e mi sono buttato”.
Dietro alla scrittura della serie, che cita i veri club ma non i veri giocatori, c’è un lavoro di ricerca: “Abbiamo collaborato con il Milan e la Sampdoria, abbiamo sentito Maldini e lavorato con le squadre nel rispetto della tradizione”, precisa Barbareschi, mentre Durzi conclude: “Abbiamo parlato con diversi professionisti per avere uno sguardo diverso e dell’aneddotica, ma il grosso deriva dall’osservazione del cambiamento del mercato del calcio, dove i grandi gruppi stanno sostituendo le piccole società familiari. La sfida maggiore è stata passare dal dato reale alla stilizzazione”.
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