TORINO. All’inizio degli anni ’50 Giulio Andreotti, all’epoca sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, impedì l’uscita per motivi di ordine pubblico di Tragica alba a Dongo, negando il visto di censura a un film documentario (lunghezza 38 minuti) che ricostruisce il tentativo di fuga in Svizzera, la cattura e la fucilazione di Benito Mussolini e Claretta Petacci. La censura congelò il film anche negli anni successivi e i produttori s’arresero abbandonandolo alla sua sorte.
Tragica alba a Dongo venne proiettato in pubblico solo una volta proprio a Torino nel 1989, in occasione del settimo Festival Cinema Giovani nell’ambito di una retrospettiva del neorealismo curata da Alberto Farassino che lo rintracciò nel magazzino di uno dei produttori. Poi se ne persero le tracce finché una copia, acquistata da un membro della famiglia Paternò in un mercato dell’antiquariato di Trieste, è stata rinvenuta in una casa bunker in Austria e affidata al Museo del Cinema per il restauro realizzato dal laboratorio L’immagine ritrovata e presentata oggi al TFF in una sala affollata.
Tragica alba a Dongo venne realizzato tra il 1949 e il 1950 – su iniziativa di due ex partigiani e successivamente agenti del PWB americano, Ugo Zanolla e Emilio Maschera – da due giornalisti Vittorio Crucillà (regia) e Ettore Camesasca (sceneggiatura), entrambi senza esperienza cinematografica, con unico professionista l’operatore Duilio Chiaradia.
Non professionisti anche gli interpreti, addirittura le stesse persone che avevano partecipato agli eventi: alcuni dei partigiani che arrestarono Mussolini e la Petacci, un soldato tedesco della colonna in fuga e i coniugi De Maria presso la cui abitazione, mostrata nel film insieme ai luoghi dei fatti, i due prigionieri trascorsero la loro ultima notte di vita.
Si tratta di una produzione semiamatoriale, con pochi dialoghi, dominata da una musica a volte ridondante e dal commento storico-politico di uno speaker e con il personaggio di Mussolini mai mostrato in viso e il più delle volte di spalle.
Il linguaggio è in alcuni momenti didascalico, essenziale forse per arrivare a tutti gli spettatori: ‘Ogni riferimento personale appartiene alla storia dei fatti’; ‘L’ora della fucilazione ‘è venuta’; ‘Qui i criminali fascisti hanno pagato’ e in chiusura del film ‘La tragica alba attende la sua aurora’.
Il docente universitario Franco Prono, intervenendo alla presentazione moderata da Alberto Barbera, puntualizza che il visto di censura richiesto riguardò solo l’esportazione del film, con l’evidente rinuncia dell’uscita nelle sale italiane. Determinanti in quella stagione erano sia il parere della famiglia Mussolini sia del Comune di Dongo.
Per lo storico Giovanni De Luna il film ci mostra la versione ufficiale della fine di Mussolini, versione consolidata dal punto di vista storiografico con un’inesattezza: lo scontro a fuoco tra i partigiani e i tedeschi in fuga non avviene dopo la trattativa per passare indenni il confine, ma prima. De Luna sottolinea poi come il film evidenzi una natura ‘difensiva’: l’accusa principale mossa a Mussolini è quella di aver condotto il paese alla guerra più che l’assenza di democrazia e l’appello del film è rivolto a una generica lotta per la libertà. Nonostante ciò il film rimase bloccato, segno evidente del clima politico conservatore dell’Italia democristiana degli anni ’50.
Dai 26.900 del 2014 si è passa ai 29.700 del 2015, gli incassi da 254.369 € a 264.882, ciò per effetto del maggior numero di ingressi a prezzo ridotto per giovani al di sotto dei 26 anni e delle numerose convenzioni
Il regista danese ha accompagnato al TFF la proiezione di Terrore nello spazio nella versione restaurata: “E’ un modello di cultura pop. Questo film di grande artigianato ha in sé molti approcci stilistici del film di fantascienza e ha superato la prova del tempo. Design, costumi, scenografia risultano efficaci al pari di quelli di titoli come Blade Runner e 2001 Odissea nello spazio. Ma c’è un altro film sottovalutato che andrebbe restaurato Città violenta di Sergio Sollima, con Charles Bronson”. Silenzio assoluto sul nuovo film The Neon Demon e sul progetto tv Les Italiens
A La patota di Santiago Mitre vanno il Premio Speciale della giuria e il Premio per la Miglior attrice a Dolores Fonzi; il Premio per il Miglior attore a Karim Leklou per Coup de chaud, film di Raphaël Jacoulot che conquista anche il Premio del pubblico. Premio per la Miglior sceneggiatura ex-aequo a A Simple Goodbye di Degena Yun e a Sopladora de hojas di Alejandro Iglesias Mendizábal. A Italiana.doc premiati Il solengo di Alessio Rigo de Righi e Matteo Zoppis e La gente resta di Maria Tilli. Premio Fipresci a Les loups di Sophie Deraspe e Premio Cipputi a Il successore di Mattia Epifani
Conferenza stampa di chiusura veloce e senza polemiche. Paolo Damilano, presidente del Museo nazionale del cinema, si dichiara molto soddisfatto e ricorda che "Valerio Mastandrea, presidente della Giuria, si è stupito quanto il nostro festival sia frequentato e seguito dal pubblico". La direttrice Emanuela Martini incassa il sostegno dei vertici del Museo del Cinema e si dichiara disponibile rispetto al programma cioè “a tagliare al massimo 20, 30 titoli” e anticipa l’idea di replicare il prossimo anno la maratona cinematografica di sabato.
I Premi collaterali
Dustur di Marco Santarelli premiato due volte