Difficile prevedere i premi della 52/a Berlinale. E quando il palmarès è tanto imprevedibile è brutto segno. Vuol dire che non c’è stato il capolavoro e neppure il film indelebile, quello che spacca la platea e di cui tutti parlano. Né Intimacy né Nel nome del padre, insomma.
Così dalla prima Berlinale diretta da Dieter Kosslick si torna a casa con una sensazione opaca e con una certa insoddisfazione. Anche se non sono mancate le provocazioni politiche e i momenti di emozione. Disturba, onestamente, l’Orso d’oro in condominio tra due film così diversi, due idee di cinema opposte: l’impegnato e quasi documentaristico Bloody Sunday, sulla questione nordirlandese, e il bellissimo cartoon giapponese Spirited away, favola tecnologica di una bambina coraggiosa in un mondo di mostri tra i Pokemon e la New Age. Anche se è chiaro che non si è trattato di spartizioni diplomatiche o territoriali e che la giuria presieduta da Mira Nair ha voluto davvero sostenere due tendenze e due idee di cinema.
Tra i litiganti, però, il vero vincitore finisce per essere il cinema francese oltre a quello tedesco che con il realismo sociale di Halbe Treppe ottiene l’argento. Bertrand Tavernier, già Orso d’oro nel ’95 con L’esca, si porta a casa ben due premi (miglior attore e miglior musica) con il discusso Laisser-passer, che alcuni hanno accusato di ambiguità su Vichy; Otto donne di Ozon, musical cripto-misogino (o forse post-femminista), ma ammiccante e ben confezionato, viene segnalato per il cast al completo, otto attrici tutte da collezione (che vorrà dire, in questo caso, miglior contributo individuale?). Indiscutibile l’interpretazione dell’americana Halle Berry, futura bond girl, che in un film importante anche se non perfetto come Monster’s ball resta nella memoria per una lunga e triste scena di sesso girata con crudele verità insieme all’altrettanto bravo Billy Bob Thornton. Otar Iosseliani è un autore grandissimo – su questo non ci piove – e Lunedì mattina è anche un po’ italiano: non solo perché coprodotto da Cicutto ma anche per un certo spirito indisciplinato e fannullone di cui a Berlino si sentiva davvero il bisogno. L’Orso alla carriera a Claudia Cardinale rende per noi il bilancio ancor meno negativo.
Ingiustizie? La totale assenza di The Royal Tenenbaums, di cui sentirete ancora parlare parecchio nonstante sia una commedia, il coreano Kim Ki-duk, secondo alcuni un vero capolavoro, e l’equivoco su Brucio nel vento, che meritava maggiore attenzione critica e che, tra parentesi, parla di un tema cruciale per l’Europa che si specchia nella multietnica Berlino come l’immigrazione (ma in senso esistenziale e non sociologico). Tanto è vero che gli spettatori berlinesi l’hanno molto amato e uscirà in Germania come in vari altri paesi.
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