Napoli. Il viso malinconico di un’adolescente, incorniciato da un cappellino di lana a righe colorate, appoggiato al finestrino di un camioncino della spazzatura in corsa. Poi, la casa circondariale. È dinnanzi a questa che, mentre scende dal mezzo, scopriamo la fanciulla portare per mano una bambina. “C’è una parte della mia vita, ma non solo: è stato un po’ un percorso, ho cercato di mantenere un equilibrio tra le cose, di creare un puzzle, per innestare anche figure reali come la zia e la nonna”, spiega Nunzia De Stefano con riferimento al tratto biografico del film, nella sezione Orizzonti.
Quella di Nevia (Virginia Apicella), 17 anni, è una famiglia tutta al femminile: oltre a lei, la sorellina Enza, la nonna (Pietra Montecorvino) – tutte e tre dormono insieme nel matrimoniale – e la zia (Franca Abategiovanni), insieme ad una prostituta di colore che affitta una delle stanze di quell’appartamento ospitato nei (reali) container del terremoto dell’ ’80. La De Stefano racconta di aver: “portato lì la sceneggiatrice, poi Virginia, e tutti, per mostrare l’umanità, il disagio, la dignità. È un luogo a cui sono tantissimo legata e spero il film dia la possibilità di poterli aiutare. Le location sono state scelte per metterle in luce, ho scelto di girare nelle case più disagiate volontariamente. Non ho voluto raccontare il degrado, ho un pò ristrutturato le case: visivamente avrebbero reso di più per la regia, ma non potevo mancare di rispetto alle persone”.
Nevia è responsabile, materna, matura. Nevia è la donna di casa, non si vende agli uomini per i soldi, né cede alla facile corte del figlio del “reuccio del quartiere”. Nevia s’arrangia a lavorare, onestamente, come pulendo gli animali del circo perché “meglio puzzare d’animale, che la puzza di certa gente”, e perché il circo, con il suo nomadismo e la propria anima creativa, può essere un sogno in itinere.
Nevia è la ventunenne ed esordiente Virginia Apicella, vista una sera a Napoli al Salone Margherita dalla casting director Adele Gallo, mentre praticava tessuto aereo. “Ero molto restia… poi un colpo di fulmine, subito abbiamo sentito di appartenerci”, racconta questa piccola-grande donna napoletana dei Quartieri Spagnoli che dà vita al personaggio, la cui “forza interiore è la cosa che accomuna molto me, la protagonista, e la regista, senza bisogno di un uomo. Ed è in adolescenza che riesci a scappare e scoprire le cose. Di fare l’attrice è capitato, non ci avevo pensato prima, ma così ho scoperto di saper fare qualcosa che non sapevo: grazie a questa esperienza mi sono scoperta, mi ha aperta molto, e mi ha fatto conoscere la vera me, per cui vorrei continuare”.
Il napoletano è lingua regina del film opera prima di Nunzia De Stefano, prodotto da Matteo Garrone, suo ex marito, di cui dice: “ho lavorato anni accanto a Matteo, con cui professionalmente siamo un tutt’uno. Ho amato tantissimo Fellini sin da quando Matteo mi fece vedere per la prima volta i film, li volli vedere tutti. La strada e Giulietta Masina sono riferimenti: la adoro, purtroppo non l’ho conosciuta, anche se la messa in scena del circo è trasfigurata dall’autobiografia, è uno sfondo. Io volevo stare su Nevia! Ho fatto il film perché amo la regia, ma non ho chiesto consiglio seppur fosse un’opera prima, e molte scene le ho cambiate lì per lì, quando non ero convinta: non ho sentito fatica e finivo sempre in anticipo”.
Suggestiva la galleria delle “facce” con cui Nevia entra in contatto, personaggi felliniani in un inverno profondamente periferico: dalla platinatissima signora robusta con esagerate labbra a canotto alla zia “argentata” in testa con la carta stagnola per la maschera dei capelli, e che tiene in braccio un maialino nero domestico. “Un personaggio molto molto bello. Nunzia è stata molto sicura, ed essere diretta da lei è stato particolare: è intelligente nel guardare e far crescere il personaggio. Amo la zia per il suo essere libera e dignitosa, nonostante dove vive. La cosa interessante è che le nipoti, seppur non di sangue, lei le ama tantissimo. È molto tenera Lucia, e attraverso loro due è come se anche lei fuggisse via” commenta l’efficace interprete, Franca Abategiovanni.
E poi c’è Peppe (Gianfranco Gallo), un uomo “distinto” che Nevia ascolta parlare con la nonna di qualcosa di poco chiaro: “merce”, “soldi” “guaio”, sono le parole cuore del dialogo, sequenza in cui la De Stefano usa una regia di campi, controcampi e riflessi (nello specchio) interessante e probabilmente metaforico. “Il mio personaggio è uno che Nunzia da ragazzina ha odiato, era il male. Per me è un personaggio atipico, uno di quelli del mondo di mezzo, quelli che a Napoli influiscono più loro dei boss, quelli che rendono invivibile la nostra città”, racconta Gallo.
Nevia è una storia di confini, di società, d’indipendenza, di forza d’anima: una donna, Nunzia De Stefano, per un’altra donna, Nevia/Virginia, per un film al femminile in cui esplode con delicatezza, e al contempo con prepotenza, la strenua forza della metà del mondo (quello non maschile), complice soprattutto una scrittura del personaggio particolarmente riuscita, nella sceneggiatura a quattro mani della regista con Chiara Atalanta.
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