Il cinema italiano è come la Ferrari


M. Muller“Il cinema italiano è come la Ferrari – dice Davide Croff – se vince, siamo tutti contenti”. A metà selezione, presidente e direttore invitano a pranzo i giornalisti (ormai è una tradizione) per fare un parziale bilancio. Ma è anche il giorno di Roberto Faenza, il primo titolo tricolore del concorso, ed è inevitabile pensare ai Leoni ma anche ai fischi dei giornalisti che hanno accolto poco affettuosamente I giorni dell’abbandono. “Noi abbiamo fotografato l’identità frastagliata del cinema italiano – spiega serafico Marco Müller – dobbiamo rispettare gli equilibri produttivi che vanno dal film di Abel Ferrara, costato due milioni di euro e forse anche meno, realizzato in modo totalmente indipendente con una cooperativa di amici, a quello che io chiamo il cinema artistico-commerciale. Purtroppo non c’è una via di mezzo, ma questo è un problema dell’industria non di Venezia”.

Con i cinque membri della commissione di selezione, spiega, ha visto tutto quello che era disponibile, circa 50 film, “poi abbiamo votato, quindi discusso e votato di nuovo, fino a raggiungere una maggioranza vera”. Sottinteso: la qualità complessiva è parsa discutibile. “Se la Settimana della critica prende un film vecchio di due anni, vorrà pur dire qualcosa”. Per Müller un grave problema del nostro cinema sono soggettisti e dialoghisti. “Se andate a guardare i titoli di coda dei film dell’omaggio a Lucisano, sono sempre firmati da 5/6 persone”. Naturalmente, se Battiato e Faenza hanno deluso molti, restano da vedere La bestia nel cuore e La seconda notte di nozze, Texas (Orizzonti) e La Passione di Giosuè l’ebreo. “E’ alle Giornate, e non in selezione ufficiale, per motivi che a Scimeca ho spiegato e che potrei spiegare facilmente anche a voi, ma che non c’entrano niente con la macchina promozionale delle major Medusa e Rai Cinema. Del resto, quando ero direttore di Locarno preferii il film di Paolo Benvenuti a Placido Rizzotto“.

Frattanto la giuria guidata da Dante Ferretti ha già fatto una riunione (pare assai vivace) e un’altra ne farà domani. “Se non vincerà un italiano, non è certo un problema diplomatico”, osserva Croff. Mentre Müller fa notare di aver vinto tre volte, come produttore, con altrettante coproduzioni (17 anni, Il voto è segreto, Fango) “ma in pochi si sono accorti che quei film non erano stranieri”.

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06 Settembre 2005

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