COURMAYEUR – “Il più bel noir degli ultimi anni? Noi credevamo di Mario Martone”. E’ così che il critico Fabio Ferzetti esordisce all’incontro Vedo Nero del 22° Noir in Festival di Courmayeur, organizzato per il secondo anno in collaborazione con Istituto Luce Cinecittà per analizzare, monitorare e incentivare la produzione di cinema di genere del nostro Paese. A partire dal dato che a volte realizziamo film noir senza nemmeno rendercene conto, come appunto nel caso del film di Martone, in cui, come giustamente fa notare il critico del Messaggero, abbondano trame, assassini, ribaltamenti di campo, misteri.
Del resto, scartabellando su filmitalia.org, si scopre che sono circa 80 i titoli di genere italiani del 2012, tra usciti, completati e in lavorazione, comprendendo anche documentari e “romanzi sociali”. Un dato importante da cui è cominciata la discussione a cui hanno partecipato Carlo Bonini, Giuseppe Di Piazza, Sergio Rizzo, Gaetano Savatteri; gli sceneggiatori Heidrun Schleef e Andrea Purgatori; i registi Matteo Botrugno e Daniele Coluccini, Toni D’Angelo, Enzo Monteleone, Massimo Spano, Luciano Sovena e, appunto il critico Fabio Ferzetti.
I più giovani del gruppo sono i due registi di Et in terra pax, che dopo il successo di critica e il giro del mondo della loro opera prima attraverso i festival, ora faticano a portare sul set il secondo film, “nonostante un’attrice di richiamo come Angela Finocchiaro, una sceneggiatura solida che ha avuto buone valutazioni e a un passo dall’entrare nell’Atelier di Cannes”. Un problema di imbuto distributivo, commenta Luciano Sovena, che sottolinea che spesso “si producono film di esordienti che non usciranno mai in sala. E allora è meglio concentrare più soldi in meno film, non 50mila euro per tanti film che poi non arrivano al cinema”. Intanto, ora, nell’attesa che si sblocchi il loro film “brasiliano”, Botrugno e Coluccini stanno lavorando a un progetto tratto da ‘Il contagio’ di Walter Siti.
E mentre il direttore Giorgio Gosetti invita autori, produttori, attori e sceneggiatori a “fare massa comune e quindi massa critica” per portare il noir a un vero rilancio, Giuseppe Di Piazza annota che “l’Italia è uno straordinario produttore di trame noir, con i suoi tanti delitti irrisolti in cui si mescolano sesso e morte, mafia e morte, complotti e servizi. Ma il problema del nostro cinema attuale è che le trame vengono poi gestite in modo troppo autoriale e tenendo in poco conto le regole auree del genere. In letteratura Faletti ha venduto milioni di copie – conclude Di Piazza – perché ha aderito al genere in modo totale, senza eccedere in psicologismi a discapito della trama”.
Sono d’accordo Andrea Purgatori, secondo cui “sulle trame del Vaticano potrebbero essere fatti tanti noir pazzeschi, ma sappiamo che nessun produttore accetterebbe di realizzarli”, e Sergio Rizzo, che individua nella vicenda di Er Batman- Franco Fiorito, indagato per lo scandalo delle “spese pazze” alla Regione Lazio, materiale perfetto per un film di genere.
Un’altra strettoia che impedisce al nostro cinema di fiorire nel genere, però, come spiega Gosetti rilanciando le parole di Purgatori, può essere individuato anche nella tendenza alla censura o autocensura di chi lo scrive. Lo testimonia anche la sceneggiatrice Heidrun Schleef, che racconta del naufragio forzato del progetto su Carlo Giuliani e di quello sui suicidi minorili. Anche se proprio il genere, in realtà, potrebbe essere la chiave per ovviare alla censura.
E poi, a limitare lo slancio di un tipo di racconto che in letteratura sta conoscendo una felice rinascita nella Penisola, ci sono i soliti problemi del cinema italiano: la scelta sempre più ristretta, e limitata al “potere televisivo”, dei soggetti che si producono, e l’ancora radicata percezione che film di genere significhi film di serie B. Qualcosa che per i registi italiani, spesso decisi a farsi chiamare autori, è inaccettabile.
In chiusura, prima di dare appuntamento al prossimo anno per “vedere nero” tra le nevi abbaglianti di Courmayeur, Gosetti accoglie e rilancia l’appello di Andrea Purgatori al ministro dello Sviluppo Corrado Passera: “Manca solo la sua firma al decreto, importantissimo per il settore, sull’obbligo delle quote di investimento nel cinema da parte dei broadcaster televisivi. Una firma che il mondo del cinema aspetta da quattro anni”.
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