‘Il bambino nascosto’ e il senso dell’essere padre

‘Il bambino nascosto’ e il senso dell’essere padre


VENEZIA – “Quando ti metterai in viaggio per Itaca devi augurarti che la strada sia lunga, fertile in avventure e in esperienze. Soprattutto, non affrettare il viaggio; fa che duri a lungo, per anni, e che da vecchio metta piede sull’isola, tu, ricco dei tesori accumulati per strada senza aspettarti ricchezze da Itaca” recita “tra sé e sé” Silvio Orlando (professor Gabriele Santoro) nelle primissime sequenze de Il bambino nascosto, subito a seminare i primi passi di un viaggio, perché è questo di cui parla il poeta greco Costantino Kavafis nella sua Itaca del 1911, spiegando il senso del ritorno verso casa di Ulisse nell’Odissea di Omero.

Il film, Fuori Concorso, diretto da Roberto Andò – anche autore del libro omonimo -, apre quindi dove poi chiude: l’ultima sequenza è infatti su un suggestivo panorama verso il mare aperto, ma nel frattempo c’è tutto un “viaggio” – interiore, principalmente – che il professore di pianoforte e Ciro (Giuseppe Pirozzi), bambino la cui famiglia abita all’ultimo piano del palazzo “poco raccomandabile” in cui dimora anche il maestro, sono chiamati a vivere insieme. “Parte con Itaca ma l’Arte non basta da sola, è una consolazione ma non basta: è un viaggio da un lato radicale, che costringe a fuggire, perdendo tutto e approdando in un posto franco, uno stato di sospensione in cui tutto può cominciare di nuovo”, spiega il regista e sceneggiatore, che ha scritto con Franco Marcoaldi. “Come sempre ci vuole una certa libertà a scrivere e Franco mi ha aiutato a trovare un punto di vista molto libero: il cinema ha imposto una misura diversa, dettata dal silenzio, dalle pause, e una certa tensione di racconto. Franco ha dettato una cifra rigorosa e vigile, per cui abbiamo lavorato con naturalezza”. 

Mentre Santoro è in conservatorio, il bambino – 10 anni e scippatore con l’amichetto Rosario della madre del camorrista De Vivo, scopriamo man mano – s’è insinuato nel suo appartamento, scoperta che il maestro farà solo al rientro serale. Ciro, che parla napoletano stretto, infatti il film – nelle battute che lo coinvolgono – richiede i sottotitoli, non confessa a Santoro perché “mi devi aiutare a nascondermi”, ma l’uomo – solitario, al limite dell’anaffettivo – istintivamente lo protegge, asseconda la sua richiesta. 

Andò affida a Silvio Orlando, commovente nel ruolo, un personaggio complesso, che l’attore concerta con sensibilità e complicità con il bambino. “Mi sono lasciato sorprendere da tanti aspetti: ho letto la sceneggiatura, ma senza dubbi ho accettato. È un personaggio che mi ha consentito di portare al cinema quel tipo di personaggi che frequento anche in teatro, che fanno un passo indietro, questo sì condanna ad un’invisibilità dell’anima, dinnanzi all’essere scheggia del ragazzino che vuole vivere la vita, così gli crea la comprensione del vuoto: con Giuseppe Pirozzi, poi ‘è nato un altro film’, perché quando lavori con i bambini non puoi che metterti in ascolto e essere vergine trovando il candore. E poi Roberto è straordinariamente accogliente”, racconta Silvio Orlando.

“Il rapporto con Silvio s’è alimentato durante le riprese. Il rapporto dei personaggi, e quello di Silvio e mio, procedeva in contemporanea: all’inizio i personaggi sono chiusi, non hanno rapporti, e la stessa cosa era per me e Silvio, poi man mano abbiamo iniziato a volerci bene, proprio come il maestro e Ciro, un personaggio con caratteristiche difficili: non esprimeva le proprie emozioni, la rabbia, la paura, lui si sfogava nel cupo silenzio che poi però è diventato gioco, così il personaggio di Santoro è diventato un padre”, riferisce il piccolo Pirozzi. 

“Sul rapporto adulto-bambino, che oggi purtroppo ha perso totalmente la propria naturalezza, una delle preoccupazioni che avevamo con Roberto – io, in maniera ossessiva – era che la storia di un vecchio misterioso e un bambino, all’interno di un appartamento, potesse avere in sé qualcosa di morboso, perché oramai è nella testa delle persone. Questa è una cosa terribile da pensare: io, quando incontro un bambino, ho paura, paura di rimanere da solo con lui, perché c’è una forma di velata minaccia di quello che potrebbe succedere, è ovviamente qualcosa di irrazionale, ma credo tutti la provino. Mi piacerebbe – fatta salva, naturalmente, la tutela massima dei bambini – si riuscisse a tornare a un rapporto naturale di scambio, anche se non sono tuoi figli”, auspica Orlando. 

“Ci troviamo spesso difronte a situazioni che determinano una famiglia diversa: Silvio via via assume anche un ruolo eroico, perché non gli dà risposte né la Legge né nessuno. Nasce una nuova famiglia, che riconosce nel bambino un sentimento d’amore: un tema molto delicato che fa parte della vita civile, che mi piaceva raccontare per dare il senso della violenza nel Sud, una violenza aerea di cui Santoro percepisce l’assedio e con cui fa i conti”, continua ancora Roberto Andò.  

La casa di Santoro, nel frattempo, viene vistata anche da Diego (Lino Musella), un suo vecchio allievo, che il maestro, affacciato alla sua finestra, ha visto discutere, la sera prima, con soggetti poco raccomandabili. La visita non è, come Diego dice, per il desiderio di ricominciare a suonare, ma naturalmente per perlustrare la casa, alla ricerca di Ciro, introvabile: occasione, quella dell’avvicinamento dell’ex allievo al maestro, per mostrare poi un’ulteriore apertura di Santoro ai sentimenti, quando nello scorrere della narrazione lo guardiamo soccorrere e abbracciare il giovane uomo in un frangente di drammatica in difficoltà, senza per altro essere disturbato dalla sua dichiarata omosessualità.

“Non sono napoletano, ma mi sembra Napoli sia sempre vittima di un cliché, e io ne ho colto sempre la sua ritrosia, e ho voluto mostrarla così, non nella sua estroversione”, precisa il regista. “E mi piaceva Napoli fosse raccontata dall’interno, dalla casa, dallo spiare del maestro che si guarda intorno. Credo racconti anche una bellezza che rischia di essere oltraggiata. Napoli, è un po’ come il personaggio ambiguo di Lino Musella”. 

Gabriele Santoro, nel procedere della storia, cerca un conforto nel fratello – Gianfelice Imparato -, uomo di Giurisprudenza prossimo alla nomina al CMS, che giudica la questione un “guaio grosso” capace di portare “alla rovina” e gli suggerisce di riconsegnare il bambino alla famiglia, seguendo poi a raccomandargli di non farsi mai più sentire con lui. Santoro, così, ha un secondo confronto, sempre con un uomo di Giurisprudenza, questa volta suo padre, interpretato da Roberto Herlitzka, un dialogo meno teso e più affettuoso, volto all’amore più che alla Giustizia. 

“La vicenda porta due mondi ad incontrarsi: un bambino in fuga e un uomo in fuga, che si nasconde protetto dalla musica e dai libri; mi piaceva creare una zona franca d’incontro, in cui ci fosse una zona neutra da ricucire”, dice Roberto Andò.

Nel frattempo, la “storia” di conoscenza, gioco, complicità, tra il maestro e Ciro procede tra le quattro mura della casa, e Santoro – leggendo una pagina di cronaca – apprende perché il bambino si nasconda, ma continua a proteggerlo; la confidenza si radica, e quasi va oltre, infatti Ciro si permette di appellarlo “ricchione di merda”, quando – nascosto nella soffitta di casa – lo spia nel discreto ma esplicito incontro con un altro uomo: una schermaglia, la fuga, il pentimento e il ritorno alla protezione, fino a quando le cose si cominciano a mettere male, e così il maestro decide di prendere il bambino e intraprendere un altro viaggio oltre a quello affettivo, di spostamento, processo non senza rischi, tra cui quello di essere intercettati dai camorristi per una leggera ingenuità di Ciro, che cerca di contattare il suo amico di scorribande, Rosario; infine, una lettera, del maestro al fratello, nonostante questo gli avesse intimato di non farsi più vivo con lui: una missiva in cui la coscienza di un uomo dall’innato senso paterno scrive e dichiara di conoscere i fatti, come di avere con sé il bambino, scelta che è determinato a perpetrare fino a quando la Giustizia non avrà individuato una soluzione che lo possa anzitutto proteggere, “come sta facendo lui” sostanzialmente. 

Il bambino nascosto esce in sala con 01 Distribution dal 4 novembre 2021. 

 

Nicole Bianchi
11 Settembre 2021

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