Ida, la suora ebrea che cerca l’identità

In sala il 13 marzo con Parthenos e Lucky Red, il primo film polacco di Pawel Pawlikowski, cineasta cresciuto in Occidente , che ha riscoperto le sue radici


Pawel Pawlikowski, cineasta di origini polacche cresciuto in Occidente (dall’età di 14 anni ha abitato in Germania, Italia e Gran Bretagna, dove si è definitivamente stabilito dal ‘77), è tornato in Polonia per realizzare il suo primo film polacco, Ida. Un film estremamente personale, che ha giustamente vinto premi importanti, miglior film al London Film Festival e Premio Fipresci a Toronto. Personale, non solo perché recupera le atmosfere (anche attraverso il bianco e nero) e i ricordi della sua infanzia, ambientando la vicenda nel 1962 (lui è nato nel ’57), ma per un aspetto più doloroso, pur se trattato con una straordinaria misura che non sconfina mai nella retorica o nella denuncia pura e semplice. Ida è infatti il suo modo per fare i conti con le origini ebraiche e il prezzo pagato dagli ebrei nel Novecento, non solo nei campi di sterminio (Pawlikowski ha perso alcuni parenti ad Auschwitz) ma anche in tante stragi di provincia, quando a uccidere era il vicino di casa per paura o meglio per interesse.

Anna è una giovane novizia che sta per prendere i voti e viene mandata dalla madre superiora in città, a conoscere la sua unica parente ancora viva, la zia Wanda. All’inizio la donna non sembra molto contenta di vederla, a malapena le mostra una foto della madre, sua sorella, scomparsa quando lei era ancora in fasce e si chiamava ancora Ida, Ida Lebenstein. Dunque in quel primo, freddo colloquio, la ragazza viene a sapere di essere ebrea e manifesta l’intenzione di partire per il villaggio dove viveva sua madre per ritrovare la sua tomba. La zia decide allora di accompagnarla in macchina.

“Provengo da una famiglia piena di misteri e contraddizioni e ho vissuto in varie forme di esilio – spiega il regista – i temi dell’identità, dei legami di sangue, della fede, del senso di appartenenza e della storia sono sempre stati presenti nella mia vita”. La prima idea del film era quella di una suora cattolica che scopre di essere ebrea, inizialmente ambientata nel ’68, anno della protesta studentesca e delle purghe antisemite promosse dal Partito Comunista in Polonia. “Oltre alla suora, i protagonisti erano un vescovo tormentato e un funzionario della sicurezza, ma la sceneggiatura risultava un po’ troppo schematica e più improntata al thriller, così ho messo da parte questa storia per qualche tempo e sono andato a Parigi a realizzare La femme du 5ème con Kristin Scott-Thomas ed Ethan Hawke”. Più tardi, con la collaborazione della sceneggiatrice Rebecca Lenkiewicz, da quella prima idea ha preso corpo una trama più semplice e scarna, concentrata sulle sole figure femminili, a parte alcuni incontri che avvengono durante il viaggio, in particolare quello con un giovane sassofonista. All’ingenua e silenziosa Ida, che sta per aderire alla vita religiosa senza nulla conoscere del mondo e di se stessa, fa da contrappunto Wanda, tormentata e sbandata nella vita privata, sanguinaria e inflessibile in quella pubblica. Veniamo a sapere che, come magistrato, ha mandato a morte molti ‘nemici del popolo’, tanto da meritarsi l’epiteto di Wanda la sanguinaria.

Racconta ancora Pawlikowski: “Nei primi anni ’80 a Oxford strinsi amicizia con un economista geniale, un marxista riformista che aveva lasciato la Polonia nel ’68. Ero particolarmente affezionato a sua moglie Helena: fumava, beveva, scherzava e raccontava grandi storie. Mi colpiva per il suo calore e la sua generosità. Dieci anni dopo seppi che il governo polacco ne aveva chiesta l’estradizione, era accusata di crimini contro l’umanità. Scoprii che l’affabile vecchia signora, quando aveva una trentina d’anni, era stata Procuratore generale stalinista, tra l’altro in un processo farsa contro un uomo innocente, un eroe della resistenza, che condannò a morte. Fu un vero shock: non riuscivo a conciliare la donna espansiva e ironica che avevo conosciuto con la fanatica giustiziera stalinista. L’aver messo l’ex credente con le mani sporche di sangue accanto a Ida mi ha aiutato a capirla e contemporaneamente a definire meglio il percorso della giovane suora”. Opposte anche le scelte recitative, mentre Ida è Agata Trzebuchowska, una ragazza scoperta in un bar di Varsavia che non aveva alcuna intenzione di fare l’attrice, Wanda è Agata Kulesza, “in grado di fondere una perfetta preparazione teatrale con una rara forza e integrità”.
In sala il 13 marzo con Parthenos e Lucky Red. 

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28 Febbraio 2014

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