La scrittura. Il teatro. Il cinema. La (commedia poliziesca) Trappola per topi di Agatha Christie, la sua messa in opera teatrale e l’idea di farne una versione per il grande schermo. La stessa mitica autrice in scena (Shirley Henderson), l’impresaria teatrale Petula Spencer (Ruth Wilson), che produce la centesima rappresentazione dell’amatissimo spettacolo, e Leo Köpernick (Adrien Brody), regista hollywoodiano mandato a Londra per occuparsi della realizzazione per il grande schermo: è lui la prima vittima di Omicidio nel West End, un thriller pervaso d’ironia e commedia, che non tiene inchiodati alla poltrona per adrenalina ma capace di fare un metaracconto, quello di un omicidio dentro la messa in scena di un omicidio (il medesimo della rappresentazione sul palco londinese), meccanica che riesce fino in fondo a confondere e creare equivoco sulla figura dell’assassino.
Il regista, Tom George (dietro la macchina da presa di This Country, pluripremiata serie comica della BBC), ha affidato l’indagine al bislacco ispettore Stoppard (Sam Rockwell), che non s’esclude possa essere esso stesso la mano omicida, e all’entusiasta e neofita agente Stalker (Saoirse Ronan): quando c’è un’indagine nelle letterature d’intrattenimento, un grande classico, e fondamentale meccanismo per la riuscita, è “la coppia”, che qui certamente si completa, soprattutto nel restituire il tono di commedia dato a questo giallo, ma altrettanto quello di un affettuoso sotteso romanticismo, o più che altro una “materna” protezione della più inesperta verso il superiore, di cui coglie le fragilità, seppur sempre restando sui toni lievi.
Il film, dichiaratamente non noir e non pervaso di tensione, dubbio, angoscia, per espressa scelta artistica, omaggia il genere con tono brillante, soprattutto laddove costruisce e mette in scena profili di personaggi che sembrano un po’ evocare quelli particolarmente connotati di un altro omicidio, quello sull’Orient Express di Kenneth Branagh (non a caso anch’esso dalla stessa Agatha Christie, che evidentemente è capace dalle proprie pagine di ispirare messe in scena così originali). George non raggiunge l’apice di sofisticatezza dei personaggi del Sir britannico ma restituisce un coro di profili tutt’altro che banali. Come, decisamente di personalità, sono la scenografia e la cura estetica del film, in alcune sequenze un tripudio che chiama immediatamente alla mente il Grand Budapest Hotel di Wes Anderson. Entrambi gli autori non sono un riferimento dichiarato, anche se ci sono evidenze che – piacevolmente – suggeriscono un omaggio, o un’ispirazione, a loro, specifiche narrative e visive che certamente concorrono a fare di Omicidio nel West End non solo un prodotto di delizioso intrattenimento ma anche a dare la conferma che la commedia possa essere un racconto che, non meno di altri generi, possa (e dovrebbe più spesso) avere anche una dignità di raffinatezza nella definizione dei caratteri e della bellezza scenografica.
Il teatro The Dominion, utilizzato per la hall del teatro, aveva un bellissimo colore rosso scuro, che è stato spunto e cromia dominante di tutto il film: “abbiamo preso quello stile e lo abbiamo impiegato in tutto, non soltanto nei teatri”, commenta la scenografa Amanda McArthur. La squadra ha creato quasi 70 set completamente decorati in varie location, tra cui diversi teatri e auditorium di Londra, gli studi cinematografici di Twickenham e Bovingdon, una scuola, un caffè, due pub, un ristorante, la loggia massonica di Freemason’s Hall, il parco reale Windsor Great Park e una meravigliosa proprietà di Londra che una volta apparteneva a Richard Attenborough. Per McArthur, il look è del 1953 con un tocco più moderno. “Non ci siamo mantenuti completamente fedeli al periodo storico: abbiamo cercato di comunicarne l’atmosfera ma abbiamo aggiunto più colori e una maggiore varietà di abiti. Non volevo riprodurre il classico look color seppia e tutti gli altri orpelli tipici di quel periodo”.
Il film esce cinema dal 29 settembre, distribuito da The Walt Disney Company Italia.
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