I Rossellini, ritratto di famiglia (complicata) all’ombra del mito

Chiude la SIC The Rossellinis, ritratto irriverente e dissacrante che fa della sua famiglia Alessandro Rossellini, nipote del genio del cinema qui al suo esordio alla regia


VENEZIA – “Si chiamava Roberto Rossellini, era mio nonno. Dicono che fosse un regista rivoluzionario. Per il mondo era un genio. Per noi, la sua famiglia, era tutto un po’ più complicato”. Parte così il documentario realizzato da Alessandro Rossellini, nipote del genio del cinema qui al suo esordio alla regia, figlio del secondogenito Renzo Rossellini e dell’afroamericana Katharine Brown, che è andato in giro per il mondo – tra la Svezia, l’Italia, gli Stati Uniti e l’India- ad intervistare tutti i componenti di una famiglia più che allargata e multietnica, “gli United Colors of Rossellini”, come li definisce. Un viaggio alla ricerca delle verità non dette di una meravigliosa quanto incasinata famiglia, nelle cui vite Roberto e il suo genio, a quaranta anni dalla scomparsa, è ancora una presenza ingombrante. Un ritratto che non fa sconti a nessuno, se non forse a Isabella, descritta come una donna carismatica e forte come suo padre, pronta ad aiutare, economicamente e non solo, la sua famiglia.

“Le nostre diversità mi rendono orgoglioso”, sottolinea il regista, oggi 55enne e con un passato non facile di tossicodipendenze, cresciuto con l’ultima moglie di Rossellini. “All’interno della nostra famiglia c’è di tutto, siamo molto liberi sin dal dopoguerra, ed è impressionante vedere come questa cosa possa sorprendere più oggi che allora”. Un uomo sicuramente fuori da gli schemi Roberto Rossellini, con tre famiglie (e diverse amanti), che convince a vivere insieme in un’incredibile armonia, in un’epoca in cui non esisteva il divorzio. Ancora lo scandalo dell’amore per la Bergman, scoppiato a Stromboli quando entrambi erano sposati, la pretesa che le sue ex mogli e figli continuassero a vivere nella sua contemplazione anche quando se ne era allontanato. “La morale della nostra famiglia non si è mai basata sui principi religiosi o storicamente borghesi. È stata inventata personalmente da Roberto Rossellini. Siamo stati una famiglia più che allargata, nonno diceva che anche con le donne con cui non stava più bisognava fare famiglia e infatti non lasciò mai Anna Magnani nel periodo della malattia per la quale morì. Ma i tempi oggi sono profondamente cambiati, e per giudicare mio nonno occorre contestualizzare la sua vita: era nato in un momento in cui il padre non poteva che essere padrone. Ha vissuto come poteva non credo fosse maschilista, anzi, era alla ricerca del cambiamento e dell’emancipazione”.

L’opera, oltre che un documentario con tantissime immagini d’archivio, è una gigantesca seduta psicanalitica durante la quale il regista cerca di curare “quella sindrome speciale chiamata rossellinite e che, anche se non lo ammettono, ha contagiati tutti”. Un virus caratterizzata da ansia da prestazione, aspettative smisurate, competizione sfrenata, peso del troppo. “Se hai quel cognome, qualsiasi cosa tu faccia è difficile eguagliare un genio simile”.

The Rossellinis, è presentato come evento speciale di chiusura della 35ma Settimana della Critica, prodotto da B&B Film, coprodotto da VFS Films con Rai Cinema in associazione con Istituto Luce Cinecittà, ed arriverà al cinema con un’uscita evento il 26, 27, 28 ottobre per  Nexo Digital.

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