Che cosa andrebbe cambiato, dal suo punto di vista di produttore (e coproduttore italiano di Lars Von Trier) nell’attuale legge sui finanziamenti al cinema italiano?
Capire che cosa non va è molto difficile, perché è difficile capire che cosa andrebbe cambiato di una legge che non si può dire che non funzioni completamente o che sia sbagliata. Come del resto non si può dire che siano sbagliate le persone incaricate di farla funzionare. I membri della Commissione sono sicuramente persone intelligenti che si intendono di cinema. Poi, dire chi al mondo si intenda veramente di cinema è ancora più difficile, forse anche per noi produttori, che andiamo spesso a fiuto. In tutto il mondo si fanno film belli e brutti, che funzionano o meno. Ancora nessuno ha trovato, forse, il bandolo della matassa.
Comunque, noi produttori della Fidam (la nuova associazione che riunisce i produttori al di fuori dell’Anica) abbiamo una proposta che vogliamo fare al Ministro dello Spettacolo: che lo Stato finanzi i film per il 50 per cento e che poi stia al produttore recuperare il restante 50, tramite coproduzioni, diritti d’antenna, la Rai… Così si rimette in primo piano e si valorizza anche la professionalità del produttore, si vedrà chi è bravo e chi non lo è. Se il film è brutto, non convince gli operatori, non si fa. Se invece un progetto riesce a raccogliere un interesse concreto, se il produttore è capace e sa farsi valere, a film finito lo Stato e i finanziatori privati dovrebbero cominciare a recuperare il loro investimento dalla prima lira utile e di pari passo. Con questo sistema, che dovrebbe coinvolgere la produzione cinematografica italiana complessiva, non solo le opere strettamente d’autore, secondo me per lo Stato sarà anche più facile rientrare dei suoi finanziamenti, perché si alzerà il livello medio dei film prodotti. L’idea parte da noi della Fidam ma ha il sostegno anche di molti sceneggiatori, per esempio degli autori televisivi riuniti nell’Apt. Vedremo prossimamente che cosa ne dirà il Ministro.
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