I Leoni in coro: “Grazie, Marco”


H.MirrenGrazie, Marco. I complimenti al padrone di casa si sono davvero sprecati durante la premiazione di questa Venezia 63. Non c’è stato un solo attore, regista o giurato che non abbia pubblicamente elogiato il direttore, dalla produttrice americana Paula Wagner a Helen Mirren che considera Venezia “un festival storico completamente trasformato da Marco Müller”. Forse si è trattato di un’indiretta risposta a chi parlava di sue possibili dimissioni? Chissà. Certo è che il vulcanico direttore aveva già nel lungo pomeriggio della vigilia dei premi – segnato da notizie e contronotizie – smentito categoricamente un addio anticipato rispetto alla scadenza naturale. ”La Mostra è in ottima salute e vedrete come il verdetto dimostrerà di rappresentare le molteplici anime del cinema, da quello americano a quello europeo a quello degli altri mondi. La Mostra dunque mantiene il posto che merita”.

Il verdetto, nonostante Placido smentisca, deve aver impegnato la giuria come una estenuante partita a scacchi, con riunioni supplementari, premi coniati a bella posta e reinterpretazioni del regolamento e dei suoi divieti fino a mettere tutti d’accordo, almeno all’apparenza. Contenti (senza strafare) i sostenitori dell’italiano Emanuele Crialese, che vede consacrato il suo talento nascente e non lascia andar via a mani vuote il nostro cinema né Rai Cinema (soddisfazione hanno espresso infatti il presidente Rai Claudio Petruccioli, mentre il Direttore Generale Claudio Cappon si è complimentato con il regista “per una pagina di cinema raccontata con magico realismo”). Contenti anche i cinefili duri e puri, che il premio all’insieme della carriera e alla potenza innovativa di Jean Marie Straub e Danièle Huillet ricompensa per le fatiche della visione. Mentre Catherine Deneuve, l’autorevole presidentessa, si è voluta concedere un complimento fuori programma a David Lynch, che per la sua “meravigliosa bravura” avrebbe meritato di vincere qualcosa se solo fosse stato in gara. E pensare che Michele Placido, la sera della proiezione di INLAND EMPIRE, ha preferito mangiarsi un piatto di spaghetti con Bigas Luna.

Una passerella in lieve ritardo a causa dei posti blocco anti no-global che hanno reso complicata persino la banale circolazione del Lido ha fatto da preludio a una cerimonia che resterà negli annali per le troppe assenze. La madrina Isabella Ferrari in un abito Versace color petrolio decorato da una spilla di brillanti sulla schiena e impreziosito da orecchini Bulgari di brillanti e rubini non ha potuto accogliere né Spike Lee (Premio Orizzonti Doc) né il direttore della fotografia di Cuaron, sostituito sportivamente da Cuaron stesso. L’altro conduttore, il giornalista dell’Ansa Massimo Sebastiani, per il secondo anno impegnato nella diretta RaiSat della premiazione, non ha potuto stringere la mano né a Ben Affleck, che ha mandato un sms da Los Angeles, né tantomeno alla coppia invisibile Straub-Huillet, che non ha mai messo piede al Lido, come già sapete, un po’ per motivi di salute un po’ per polemica politica (la giuria ci ha tenuto a dissociarsi dalla lettera in cui Jean Marie Straub si autodefiniva “terrorista”). Ma non finisce qui: non ce l’ha fatta a prendere l’aereo neanche Alain Resnais, che potendo avrebbe certamente “intonato una canzone per ringraziare”, come ha detto il suo produttore, e che considera comunque questo Leone d’argento come un “incoraggiamento a continuare” nonostante la sua lunga e solidissima carriera.

Tra i pochi vincitori in carne ed ossa c’è stato il cinese delle sorprese Jia Zheng-Ke, che dopo essere stato film-sorpresa è diventato Leone-sorpresa. Ma anche il cineasta del Ciad, Mahamat-Saleh Haroun, autore di Daratt, che ha commentato: “Questo per l’Africa e per il cinema africano è un momento storico”. Tra i ringraziamenti più curiosi quello dello sceneggiatore di Stephen Frears a Tony Blair “perché ha deciso di far coincidere la sua disintegrazione politica all’uscita del nostro film”. Tra i momenti più caldi il lungo e convinto applauso alla bravissima Helen Mirren. In una serata piena di delusioni e cose inattese, la sua Coppa Volpi era, da giorni, l’unico punto fermo.

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09 Settembre 2006

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