Prosegue con crescente favore di pubblico e critica al Lido “Questi fantasmi 2. Cinema italiano ritrovato“, la retrospettiva che – dopo il successo dell’anno scorso di titoli che spaziavano dal 1946 al 1975 – è di nuovo dedicata alla straordinaria ricchezza della nostra produzione cinematografica del dopoguerra (con due incursioni nell’anteguerra: la commedia brillante Margherita fra i tre di Ivo Perilli, ambientata a Torino nel mondo della moda con Assia Noris che recita quattro parti diverse, e Cenerentola e il signor Bonaventura di Sergio Tofano con Paolo Stoppa). Per fare il punto sulla rassegna abbiamo incontrato il suo curatore Sergio Toffetti, conservatore della Cineteca Nazionale che è promotrice insieme alla Biennale di Venezia – con il sostegno del Ministero per i Beni e le Attività Culturali – della ricca selezione nel cui ambito vari registi, attori e sceneggiatori stanno accompagnando a Venezia i loro film, presentati di volta in volta in sala da critici autorevoli come Goffredo Fofi e Paolo Mereghetti.
“L’anno scorso avevamo provato a raccontare una storia parallela rispetto a quella che ci hanno sempre raccontato proponendo un cinema che non aveva avuto il Neorealismo, ma aveva inventato la Nouvelle Vague, ma ‘Questi fantasmi 2’ cambia nuovamente rotta, a dimostrazione della ricchezza del cinema italiano – racconta Toffetti – Le nuove ricerche ‘archeologiche’, rivelano infatti un panorama ancora più mosso e frastagliato, articolato provvisoriamente in film ‘eccentrici’, film per il ‘popolo’ e film ‘delle dive’, una trentina di opere note, meno note o dimenticate realizzate tra gli anni ’40 e gli anni ’80 – ritrovate soprattutto nei sotterranei della Cineteca Nazionale ma anche in altri archivi italiani – che stiamo presentando accanto a vere e proprie scoperte, oltre a classici in versione restaurata, come La grande guerra di Mario Monicelli”.
Il criterio che ha guidato le scelte secondo il curatore risiede nella considerazione che “la produzione italiana è stata nel dopoguerra molto ricca ed importante, dopo quella americana era la più grande, la più bella e la più varia del mondo. Ma in passato tutto quello che non era in linea’ veniva scartato, la storia del nostro cinema è stata quasi sempre letta con griglie molto strette, soprattutto ideologiche. Tutto quello che non rientrava in certi canoni veniva lasciato fuori, come ad esempio La fiamma che non si spegne di Vittorio Cottafavi, sul sacrificio del carabiniere Salvo D’Acquisto fucilato dai tedeschi, che abbiamo mostrato lo scorso 2 settembre esattamente 50 anni dopo la sua presentazione alla Biennale del 1949 dove fu ferocemente attaccato come film reazionario da 30 scandalizzati intellettuali dell’epoca”.
Tra i film che meritavano di essere rivisti Toffetti cita un film in ‘stile Tornatore”‘come I girovaghi di Frenogese, (1956), storia di un puparo siciliano che nei primi anni del ‘900 si ritrova in concorrenza con il cinema; Noi cannibali di Antonio Leonviola, un melodramma alla pari con quelli di Matarazzo e De Santis, interpretato da Silvana Pampanini”; Casa Ricordi che ricostruisce la storia del Risorgimento attraverso i musicisti che di volta in volta componevano per la casa musicale o Carmen di Trastevere interpretato da Giovanna Ralli e diretto da Carmine Gallone.
Quest’ultimo viene presentato nella sezione dedicata al cinema delle dive che prevede anche omaggi ad Alida Valli nel film che Mario Soldati trae da un romanzo di Graham Greene La mano dello straniero (1954), Catherine Spaak con Break Up di Marco Ferreri, Marina Vlady con La ragazza in vetrina di Luciano Emmer, Rossana Podestà con Le ore nude di Marco Vicario, Marina Berti con Un eroe del nostro tempo di Sergio Capogna.
Da segnalare poi una serie di film ‘per il popolo’, da non confondere con quelli neorealisti ‘sul popolo’ che secondo Toffetti sono “farse o melodrammi sociali che raccontano in diretta il pianto e il riso quotidiani: si tratta di cronache che non ambiscono a passare alla Storia, e quindi sono capaci ogni tanto di guardare le contraddizioni senza il filtro dell’ideologia”. Ecco allora riscoperte come l’eroicomico Uno tra la folla (1946), dove Eduardo De Filippo viene incarcerato prima durante la Repubblica di Salò per antifascismo e poi nel dopoguerra perché accusato di essere fascista e di volta in volta viene salvato dall’amico Carlo Campanini o Accidenti alla guerra, film anarchico-demenziale di Carlo Simonelli del 1948 con Nino Taranto prigioniero in un lager che si fa passare per un colonnello nazista, o la versione a colori de La nave delle donne maledette di Matarazzo, “film-mito di tutta la cinefilia europea dei primi anni 50”.
“Abbiamo lavorato su una serie di piccoli film degli anni’50 e ’60 come Morte di un amico di Franco Rossi, sceneggiato da Pier Paolo Pasolini (1955) e poi abbiamo cercato di verificare se è mai esistito un cinema pop all’italiana: mostriamo ad esempio Un tranquillo posto di campagna di Elio Petri, in occasione delle cui riprese la futura icona della pop art Jim Dine è andato ad insegnare a Franco Nero la tecnica della pittura. E poi Nerosubianco, un film di Tinto Brass ambientato nella “Swinging London” degli anni ’60 ed infine il film più significativo del maestro della pop art italiana, Mario Schifano, e cioè Umano non umano – prosegue il curatore che tra le rarità segnala anche – Informazione Leit-motiv, un film di 20 minuti realizzato dalla Olivetti nel 1972 con Enzo Jannacci nei panni di un imbranato ma anche in quelli di una rock star e ancora Gli invisibili, un film sugli anni di piombo di Pasquale Squitieri sceneggiato da Nanni Balestrini”.
Particolarmente significativo, infine, il restauro ad opera dalla Cineteca Nazionale di Galileo di Liliana Cavani presentato ieri in Sala Perla (alla presenza del regista e del presidente della Giuria Ang Lee), un film sul tema fede/scienza misteriosamente – ma non troppo – mai distribuito nelle sale, che a distanza di 41 anni si rivela sorprendentemente attuale nell’attuale momento di dibattito sia politico che religioso.
Tre gli anniversari, infine, si celebrano quello della nascita di Indro Montanelli con il film da lui diretto sull’insurrezione di Budapest I sogni muoiono all’alba e i 50 anni de La dolce vita con un film del ‘Fellini dimenticato’: Storie sulla sabbia (1963) di Riccardo Fellini, fratello del grande Federico che fu anche attore per lui ne I vitelloni.
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