Werner Herzog racconta a 30 anni di distanza dalla scomparsa il grande scrittore e narratore Bruce Chatwin, morto nel 1989 a soli 48 anni di Aids, nel documentario Nomad: In The Footsteps of Bruce Chatwin, in selezione ufficiale alla Festa del Cinema di Roma, e poi distribuito da Feltrinelli Real Cinema e Wanted Cinema. Herzog segue fisicamente le tracce di alcuni dei viaggi dell’autore di In Patagonia, unendo alle suggestioni e le verità ‘arricchite’ dei libri di Chatwin, una narrazione personale e intima, fatta di ricordi e momenti condivisi. Un legame di profonda unione, il loro, costruito sulla comune passione, per il racconto, tra verità e visione (“Chatwin non scriveva mezze verità, ma una verità e mezzo, le arricchiva”, spiega il suo biografo Nicholas Shakespeare) e il valore simbolico che entrambi danno al cammino, al viaggio, al popolo in marcia, all’essere nomadi. Un elemento fondante, per i due autori, dell’essere umano, la cui perdita è il segno, del destino segnato, secondo entrambi per l’uomo sulla Terra. Il percorso di Herzog, sempre accompagnato dallo zaino di pelle di Chatwin, che lo scrittore gli regalò poco prima della scomparsa (Chatwin gli chiese anche aiuto per morire prima, ma il regista non se la sentì), parte proprio dalla Patagonia, dove l’autore britannico arrivò a metà anni ’70. Era la realizzazione di un desiderio che aveva fin da bambino, nato da un ‘reperto’ archeologico tramandato in famiglia, un pezzo di pelle di quello che pensava fosse di un brontosauro, mentre era un milodonte, una sorta di bradipo gigante scoperto da Charley Milward, cugino di nonna Isobel. Da quel viaggio, durato sei mesi, nasce In Patagonia (1977) che diventa un caso letterario, e porta l’inquieto, affascinante, seduttore, ‘nomade’ Chatwin dall’altra parte del mondo, in Australia, tra gli aborigeni, dove incontra nel 1983 Werner Herzog. Il regista porta l’influenza dello scrittore anche nel suo cinema: nel 1987 firma Cobra verde, adattamento del libro di Chatwin, Il viceré di Ouidah, e ultimo film della collaborazione tra Herzog e Klaus Kinski, “già fuori controllo” ricorda il cineasta. Lo scrittore, già malato, accetta di andare sul set e nel suo ultimo libro, raccolta di note, diari, e pensieri, Che ci faccio qui? (1988) rende anche un ritratto dell’amico cineasta, che descrive come una collezione di contraddizioni, “affettuoso e distaccato” e “un monumento di sanità mentale in un cast di esauriti”. E in Grido di pietra (1991), Herzog rende un omaggio allo scrittore, il cui zaino, ha un ruolo importante, in un momento critico delle riprese del film. Con Chatwin “avevamo spiriti affini, lui come scrittore, io come regista – spiega Herzog nelle note di produzione -. Volevo realizzare un film che non fosse una semplice biografia tradizionale ma che desse conto di una serie di incontri ispirati dai viaggi e dalle idee di Bruce. Personaggi stravaganti e selvaggi, bizzarri sognatori e grandi idee sulla natura dell’esistenza umana erano i temi da cui Chatwin era ossessionato e di questi ho cercato di raccontare.”
Parola al premio Oscar Ron Howard, regista di Pavarotti, documentario biografico in Selezione Ufficiale alla Festa di Roma 2019, stasera in prima serata su Rai Uno: materiale familiare inedito, interviste originali, tra cui a Nicoletta Mantovani, alle tre figlie e alla prima moglie, e a Bono Vox, un racconto franco e celebrativo, intimo e pubblico
Bilancio positivo per il festival dedicato ai ragazzi, che ha registrato un incremento del 29% alle biglietterie, 6000 biglietti in più rispetto al 2018. "Nel tempo siamo riusciti a costruire un rapporto diretto e autentico con tutto il pubblico, partendo dalle scuole, fino ad arrivare agli accreditati e alla critica". Così dichiarano i direttori Fabia Bettini e Gianluca Giannelli
Il premio è stato consegnato ai due registi belgi durante la 17ma edizione di Alice nella Città da Angela Prudenzi, Francesca Rettondini e Cristina Scognamillo
CECCHI GORI - Una Famiglia Italiana: dopo la mostra fotografica, la Festa ospita il documentario, per la regia a quattro mani di Simone Isola e Marco Spagnoli, prodotto da Giuseppe Lepore per Bielle Re, che ha curato la realizzazione dell’intero progetto dedicato alla dinastia che ha fatto grande parte del cinema italiano