Presentato con successo in concorso al Festival di Roma The Last Station è un film che il regista americano Michael Hoffman ha diretto e sceneggiato dal romanzo omonimo di Jay Parini sull’ultimo anno di vita dello scrittore Lev Tolstoj, chiamando ad interpretarlo Christopher Plummer, Helen Mirren, James McAvoy e Paul Giamatti. Si tratta di una produzione indipendente europea girata in Germania, realizzata con la consulenza dei pronipoti di Tolstoj e finanziata tra gli altri da Andrei Konchalovsky, che racconta due storie d’amore. Quella che lega il grande e celebrato autore di ‘Guerra e pace’ (Plummer) alla passionale contessa Sofja (Mirren), e quella che nasce tra il giovane segretario di Tolstoj, Valentin Bulgakov, e la giovane insegnante liberale Masha, analogamente devota alle idee dello scrittore.
Tolstoj in nome della religione utopica da lui fondata, che ha già raccolto intorno a sé un movimento contrario alla proprietà privata, nel 1910 rinuncia al suo titolo nobiliare, ai beni materiali e ai diritti d’autore ed entra in crisi con la, madre dei suoi 13 figli, con cui è sposato da 48 anni. Sofia, è costretta a lottare strenuamente affinchè i beni del marito restino in dotazione alla famiglia, mentre Vladimir Chertkov (Giamatti), l’ambizioso capo del movimento e custode zelante delle teorie tolstoiane, è deciso a fare in modo che le fortune dell’artista vengano lasciate in eredità al popolo russo.
Il regista Michael Hoffman – già apprezzato autore di Sogno di una notte di mezza estate, Bolle di sapone e Restoration – sottolinea come il film abbia offerto l’opportunità di superare gli standard consueti del biopic e di creare un’opera vivida e commovente sulle difficoltà di vivere l’amore e l’impossibilità di farne a meno. “Non è un film su Tolstoj ma sui conflitti dell’amore, sulle relazioni umane e sulla battaglia tra idealismo e realtà dei fatti: del resto i matrimoni e le storie d’amore sono sempre tragicommedie. Mia moglie, ad esempio, ha notato nel film molte cose esistenti nel nostro rapporto”.
L’autore ha poi rivelato come in fase di sceneggiatura abbia potuto contare su molti materiali ed informazioni preziose sull’epoca consultando vari diari, sia quelli di Tolstoj sia di sua moglie Sofia, che quelli di Cechov e Bulgakov: “Il fatto sorprendente è che l’uomo più celebre della Russia, considerato quasi un santo, una volta ottenuta una notorietà internazionale diffonde come un apostolo la propria visione del mondo, ma non riesce a gestire la propria vita familiare. E’ un uomo capace di insegnare agli altri a vivere, ma a casa propria non ce la fa..”.
Helen Mirren, ricordando le origini russe della sua famiglia, ha affermato di essersi sentita in empatia con il personaggio di Sofia. “Il copione era delicato e buffo e non c’era bisogno di cambiare niente sul set e poi è nata subito un’intesa splendida con Christopher Plummer, uno dei più grandi attori di lingua inglese sia del cinema che del teatro per cui provo da sempre grande rispetto e ammirazione. Prima di arrivare sul set ero piuttosto spaventata di misurarmi con lui e con il suo talento e invece ho scoperto una persona semplice e gradevole e credo che la sua sia una performance fantastica e piena di sottigliezze”.
A proposito infine delle inevitabili candidature a nuovi riconoscimenti per questa interpretazione, la pluridecorata attrice di The Queen ha dichiarato: “L’ipotesi di premi lusinga sempre un’interprete, soprattutto perchè fa bene ai film ma non recito mai pensando ai giudizi. Mi fa piacere quando mi accorgo che c’è amore e rispetto per il mio lavoro, ma non mi prendo mai troppo sul serio. Vorrei solo che il mio film venga visto dal maggior numero possibile di spettatori senza differenze di età, personalità o nazione”.
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