Hans Petter Moland, il fato e la natura selvaggia

Il regista norvegese è in concorso a Berlino con Out Stealing Horses dal bestseller di Per Petterson


BERLINO – Il rapporto con la natura selvaggia, l’incombere della sciagura improvvisa sulla vita degli esseri umani, la rivalità tra un padre e un figlio innamorati della stessa donna, il senso di colpa: sono temi che fanno tremare le vene ai polsi quelli messi in scena in Out Stealing Horses, il nuovo film del regista norvegese Hans Petter Moland che torna in concorso a Berlino a cinque anni dal notevole In ordine di sparizione, appena rifatto a Hollywood con Liam Neeson con il titolo di Un uomo tranquillo e un corredo di polemiche (di cui diremo tra poco). 

L’attivissimo Moland (classe 1955) ha chiamato il suo attore feticcio Stellan Skarsgard a guidare il cast, in cui figurano anche Bjorn Floberg, Tobias Santelmann, Jon Ranes e Danica Curcic, dell’adattamento del bestseller di Per Petterson Fuori a rubare cavalli. Stellan è Trond Sander, un settantenne appena rimasto vedovo (siamo nel 1999) che lascia Oslo per trasferirsi in un piccolo villaggio del Nord. Siamo nel cuore del gelido inverno e Trond non sembra aver molta voglia di socializzare: preferisce stare accanto alla stufa a leggere Dickens – specialmente Davide Copperfield con quell’incipit rivelatore: “Se io debba risultare l’eroe della mia vita, o se questo posto debba essere tenuto da un altro, lo mostreranno queste pagine”.

Tuttavia è il vicino di casa Lars, poco più giovane di lui, ad andarlo a cercare confessandogli di aver sparato, tanti anni prima, a un cane per ucciderlo: da questo incontro iniziano una serie di flash back che riportano Trond e Lars alla loro infanzia e giovinezza, al 1948 e ancor prima di loro, durante l’occupazione nazista, con chiari riferimenti alla divisione tra collaborazionisti e partigiani. 

Ad accompagnare il film a Berlino c’è anche lo scrittore, orgoglioso dell’adattamento della sua elegia: lo script circolava da anni nell’industria scandinava, ma Moland è sembrato la persona giusta per realizzarlo: “Ho amato l’atmosfera e il tono del libro, amo la capacità di certe opere di mettere in luce gli aspetti più profondi dell’essere umano, che nel romanzo vengono trattati in modo coinvolgente. Non è facile descrivere la trama in poche parole, ma leggere Fuori a rubar cavalli è stata un’esperienza incredibile così ho deciso di trasformarlo in film”. 

Anche Stellan Skarsgård è stato affascinato dalla pagina scritta: “Molte persone hanno cercato di adattare il romanzo, alla fine è arrivato Hans Petter Moland ed riuscito là dove altri avevano fallito, perché ha saputo relazionarsi con la storia. La cosa non mi stupisce, Hans è l’uomo della natura selvaggia, mi trascina in mezzo alla neve a 20 gradi sotto zero e si diverte”.

Il paesaggio è certamente al centro della visione di Moland, una natura incontaminata e violenta, alberi svettanti che vengono abbattuti a colpi d’ascia, tronchi trascinati dalla corrente di torrenti impetuosi, temporali improvvisi che squarciano l’estate, bufere di neve. “Il paesaggio, sia umano che naturale, è il fulcro del film”, sintetizza il regista, che ha deciso di rispettare la struttura del libro. “L’unico modo in cui potevo rendere il film interessante era riprodurne l’atmosfera. La struttura è parte integrante del romanzo, non me ne potevo allontanare. Il montaggio è stato difficile, sapevamo che cambiando le cose avremmo rischiato che il pubblico capisse troppo presto la storia”. E così i sentimenti del giovane Trond e degli altri personaggi si rivelano gradualmente, rendendo la narrazione particolarmente avvincente. Moland spiega di aver cercato di rendere quasi tattile della foresta lavorando con luci e ombre e con i suoni: “Nel film c’è pochissimo cielo, volevo il mistero e l’intimità della foresta. Volevo stare molto vicino a personaggi e oggetti, rendendoli unici attraverso lo sguardo. Le cose non essenziali le ho tenute fuori dal quadro”.

Per quanto riguarda l’incredibile lavoro di missaggio sonoro, il regista aggiunge: “La natura è silenziosa, ho cercato di esplorarne i suoni in modo specifico, volevamo che il suono della foresta fosse fondamentale, non volevamo una musica che anticipasse la visione o veicolasse i sentimenti”. Lo scrittore Per Petterson ci tiene a spiegare la centralità della natura nel suo libro: “Da ragazzo abitavo vicino alla foresta e appena ho potuto, da adulto, sono tornato lì. E’ stato come ritrovare un vecchio amico, così ho iniziato subito a scrivere questo libro. Per me il paesaggio è un personaggio, tutto ciò che accade accade in uno spazio. Credo che Hans Petter sia riuscito a tradurre tutto questo in immagini, cosa che per me non è scontata”.

Immancabile la domanda sulle recenti dichiarazioni di Liam Neeson. “Non è un razzistaI – dice sicuro Moland – Liam è una persona onesta, equilibrata. Forse andrebbero letti gli articoli fino in fondo invece di limitarsi a un titolo su Twitter. Ho fatto un film sull’inutilità della vendetta in cui mi prendo gioco degli stereotipi dei gangster. E’ un racconto che mette in luce i pericoli della vendetta e spero che le persone lo leggano per ciò che è”. E Stellan Skarsgard aggiunge: “Trovo disturbante e spaventoso vivere in un mondo in cui le persone non vengono solo punite per ciò che fanno, ma per ciò che dicono, pensano o addirittura per ciò che la gente pensa che tu pensi”.

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