Nel generoso tentativo della DC Comics (e di Warner) di rimontare lo strapotere della concorrente Marvel (e Disney) con The Flash, Batman alias Bruce Wayne ha un ruolo cruciale. Senza di lui molto del girovagare di Barry Allen, l’Uomo Freccia, attraverso il tempo fino al Metaverso non avrebbe senso o, peggio, porterebbe a conseguenze ben più catastrofiche. E senza l’affinità traumatica dei due personaggi (entrambi orfani) sarebbe complesso provare la stessa empatia per una creatura altrimenti confinata nella terra senza tempo dei Supereroi.
Nel Batman di The Flash convivono due incarnazioni del Cavaliere Oscuro: il mitico Michael Keaton ormai costretto dall’età e dalla stempiatura a giocare col proprio personaggio, il palestrato Ben Affleck che mette in campo quella fisicità magnetica già notata nelle apparizioni spurie come Uomo Pipistrello. È questa duplicità in fondo ad attrarci nel giustiziere di Gotham City, disegnato per la prima volta nel 1939 da Bob Kane e Bill Finger e poi dilagato tra tutti i media (fumetto, televisione, cinema, cartoon, videogiochi e parodie) fin dagli anni ’40. Per tutti noi il grande dilemma è stato poi scegliere tra Tim Burton e Christopher Nolan, tra Keaton e Christian Bale, mentre tutti gli altri restano sullo sfondo, curiosità per cinefili.
Ciò che ci appassiona e ha motivato due tra i maggiori registi del secolo a misurarsi con una creatura di carta è, una volta di più, la duplicità. Si dirà che questo tratto è comune a tutti i Supereroi, dotati di un’identità pubblica “normale” e di un’altra segreta e dissonante. Ed è altrettanto vero che il successo della Marvel viene dal momento in cui Stan Lee, copiando proprio il modello DC Comics, instilla il virus della nevrosi e dell’autismo inconfessato nei suoi personaggi. Ma nel caso di Batman quest’attrazione nel gorgo del Doppio ha marcati caratteri da psicanalisi e non è un caso che abbia suscitato l’attenzione degli studiosi fin dall’anatema lanciato nel 1954 dallo psichiatra Fredric Wertham che accusava il Supereroe di una propensione omosessuale pericolosa per le menti infantili. Da allora Batman come icona gay ha avuto certamente fortuna, specie analizzando il suo rapporto con il discepolo Robin, ma di fatto a trionfare è una dimensione più complessa, apprezzata dai seguaci di Freud e di Jung che indagano sul tema dell’oscurità. Travis Langley ne fa “l’archetipo dell’ombra“. Questo archetipo, secondo Langley, rappresenta il lato oscuro di una persona; non è necessariamente un male, ma piuttosto nascosto all’esterno e nascosto sia al mondo che a se stessi. L’altra metà di Batman, Bruce Wayne, si confronta con la propria oscurità all’inizio della vita; sceglie di usarlo per instillare paura nei trasgressori, con i suoi lati luminosi e oscuri che lavorano insieme per combattere il male. Robin. S. Rosenberg ha invece concluso che Bruce Wayne/Batman potrebbe avere un disturbo o una combinazione di disturbi, ma a causa della sua natura fittizia, una diagnosi definitiva rimarrà sconosciuta. In comune le due metà hanno una storia, caratteristiche fisiche e mentali che hanno prodotto un essere fuori dal comune. Di lui sappiamo molto fin dalla genesi del personaggio.
Tutti gli appassionati possono ripetere a memoria la storia del piccolo Bruce, rimasto segnato per sempre dall’omicidio dei genitori, il miliardario Thomas e la madre Martha, la sera di un 26 giugno, uscendo dal cinema dove hanno visto Il segno di Zorro. A sparare è il rapinatore Joe Chill ed è per questo che nella sua carriera di giustiziere Batman non vorrà mai usare un’arma da fuoco. La sua formazione alla meditazione, alla memoria fotografica, alla tecnica, alle arti marziali occupano un lungo periodo di silenzio rivelato in parte solo dall’ultimo film di Nolan che mette in scena il doppio/negativo del giovane Bruce Wayne, il temibile Ra’s al Ghul, primo e ultimo di una schiera di arci-nemici tra cui spiccano il Pinguino, l’Enigmista, Due Facce, Jocker e perfino Cat Woman che fa parte della ristretta cerchia degli amori segreti che conoscono l’identità segreta dell’eroe.
È curioso notare che nell’immaginario di Bob Kane molti degli elementi costitutivi di Batman hanno radici fuori dal fumetto: le macchine e i gadget del miliardario/giustiziere vengono dai disegni di Leonardo Da Vinci; la maschera deriva da Zorro, il giustiziere senza macchia; il contesto di Gotham City discende dal cinema gangster e dai pulp degli anni ’30, l’alone di mistero che lo circonda deve un tributo all’Uomo Ombra/The Shadow. Se poi, facendo un salto nel tempo, arriviamo alla dimensione moderna di Batman, le atmosfere del noir si fondono a quelle dell’horror in un crescendo che garantisce l’attualità e il successo oltre le generazioni. Ma quando in The Flash Michael Keaton assume le sembianze di un tranquillo pensionato, l’icona finisce per essere volutamente incrinata e non bastano pochi minuti di Affleck a ricreare il mito.
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