Guido Lombardi: “Ecco con il mio spaghetti gangster”

"Take five", opera seconda del regista napoletano. Che rivela: "Per avere un cast credibile, ho detto no a Depardieu"


Uno spaghetti gangster, ambientato nella Napoli dei Quartieri e con un cast di duri, alcuni dei quali hanno davvero bordeggiato il crimine. È Take five, l’opera seconda di Guido Lombardi (vincitore a Venezia del Leone del futuro con Là-bas sulla strage di Castelvolturno) in concorso al Festival di Roma e in sala dal 2 ottobre con Microcinema. Una banda sui generis, composta da cinque avanzi di galera: un ricettatore, un ex galeotto depresso (o Sciomèn), un fotografo di matrimoni che ha urgente bisogno di un trapianto di cuore, un idraulico col vizio del gioco e pieno di debiti, un pugile squalificato a vita. L’hanno paragonato a I soliti ignoti, ma il regista, classe 1975, ha pensato piuttosto a The Big Kahuna con Kevin Spacey o al classico Le iene. Malavita da camera, dialoghi serrati, un fondo di disperazione quasi metafisica, pulsioni erotiche. E in più quel dialetto che rende tutto più vero e musicale, quasi jazz. Come il titolo, omaggio al celebre brano di Dave Brubeck. Prodotto, come Là-bas, da Gaetano Di Vaio, Gianluca Curti e Dario Formisano, ma con soldi del MiBACT e di Rai Cinema, il film è interpretato da Salvatore Striano (il Bruto di Cesare deve morire), Gaetano Di Vaio, Salvatore Ruocco (Gomorra, Gorbaciof, L’intervallo), Carmine Paternoster (Gomorra) e dal grande Peppe Lanzetta.

Cosa voleva raccontare, al di là del gusto di reinventare un film di genere?

Ho fatto ricorso consapevolmente agli archetipi del gangster movie, ma volevo mostrare a modo mio una porzione del nostro tempo. Una società dove le persone sono sole, ossessionate, depresse. Dove i soldi, il successo, la fama rappresentano l’unica forma di riscatto da un anonimato altrimenti giudicato insopportabile.

Non ci sono state incertezze o ripensamenti sulla scelta del cast o magari la tentazione di avere qualche nome di richiamo per il grande pubblico?

Ho scritto pensando a loro e ho difeso questo cast perché è difficile fare un gangster movie credibile in Italia e il carisma dei miei personaggi deriva in parte dal passato criminale di alcuni degli interpreti, anche se nessuno di loro aveva mai commesso una rapina. È vero che, a un certo punto, è uscita fuori l’ipotesi di una coproduzione internazionale e di chiamare un famoso attore francese che era appena fuggito a Mosca per non pagare le tasse e di cui non faccio il nome… Abbiamo passato un ferragosto di fuoco. Ma alla fine il cast è rimasto questo. Anche Rai Cinema ci ha lasciato piena libertà.

Il film parte con uno stile realistico e poi, via via, si ingarbuglia con la lotta che si scatena tra i cinque per tenersi tutto il malloppo e l’incursione dei camorristi.

All’inizio era più realistico, mi sono anche informato su come si fa davvero una rapina, ma la criminalità a Napoli viene sempre raccontata in questo modo. Quindi abbiamo provato a sganciarci, a lasciare libera la fantasia. Ho lavorato sei mesi al montaggio con Annalisa Forgione proprio perché era difficile trovare il tono giusto. Si va da I soliti ignoti a Rapina a mano armata passando per Le iene. E anche la musica è un mix di generi, con l’omaggio a Morricone e allo spaghetti western, la tromba alla Rocky, le chitarre elettriche impazzite. Ognuno dei cinque personaggi ha il suo tema e il suo ritmo. Alla fine la colonna sonora di Giordano Corapi mi piace tantissimo e spero che la usino per i pacchi in prima serata.

Ha lavorato di nuovo con Gaetano Di Vaio, complice di “Là-bas”  e con cui ha scritto a quattro mani il romanzo “Non mi avrete mai”, pubblicato da Einaudi.

L’idea del film ci è venuta proprio mentre lavoravamo insieme a scrivere il romanzo. All’inizio pensavamo a un progetto poco costoso, con un unico ambiente, tipo Le iene appunto. Poi, dopo il premio vinto alla Settimana della critica da Là-bas, sono arrivati anche i soldi dal ministero e da Rai Cinema. Ma quello che vediamo sullo schermo è esattamente quello che abbiamo immaginato.

Perché questo titolo?

“Take five”, oltre a essere un famoso brano di Dave Brubeck, è un’espressione usata dai jazzisti, “take five minutes”, prendiamoci 5 minuti di pausa. Anche il film è così, un concerto di 5 elementi che non si fermano mai, fino a quando si prendono cinque minuti di pausa. 

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14 Novembre 2013

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