L’estate è ormai alle spalle. Pierre, Meriem, Fouad, Sophie, Sandrine, Alix e Sofiane — un gruppo affiatato e impegnato di docenti di scuola secondaria — si riuniscono per dare inizio a un nuovo anno scolastico. Tra loro arriva Benjamin, un giovane supplente alla sua prima esperienza, che presto si troverà ad affrontare le sfide della professione. Sarà proprio grazie a questo gruppo che scoprirà quanto entusiasmo e dedizione animino ancora l’insegnamento, anche all’interno di un sistema educativo sempre più fragile.
Guida pratica per insegnanti, il nuovo film diretto da Thomas Lilti, uscirà nelle sale italiane il 17 aprile, distribuito in Italia da Movies Inspired.
“Con Ippocrate, Il medico di campagna e Il primo anno, quasi senza volerlo, ho realizzato una sorta di trilogia – dice il regista – Anche se la serie Hippocrate, di cui ho appena concluso le riprese della prima parte della terza stagione, mi ha tenuto parecchio occupato, sapevo che il mio ritorno al cinema sarebbe stato su un tema diverso.
Guida pratica per insegnanti, film corale e narrativamente composito, è simile ai miei precedenti lungometraggi perché, ancora una volta, affronto la finzione passando attraverso la realtà.
Ma soprattutto, perché continuo a sollevare la questione dell’impegno attraverso un mestiere.
L’impegno dei medici è stato al centro del mio lavoro per più di dieci anni. Ora ho voluto occuparmi degli insegnanti. Come trovare il senso di esercitare una professione sempre più denigrata, impoverita, declassata? La volontà di raccontare la vita di un gruppo di professori di una scuola secondaria (collegio) nasce dal desiderio di osservarli per comprendere meglio l’essenza della loro professione.
Da dove traggono la motivazione a insegnare in condizioni così avverse, in un’istituzione sempre più fragile? Che alunni sono stati in passato? Che genitori sono diventati? Che fine ha fatto la loro vocazione? Anche se insegnare non è curare e non è in gioco la vita, gli insegnanti sono i garanti di una missione universale: la trasmissione del sapere.
Questa responsabilità, grande e nobile, oggi gode di scarsa considerazione. In un mondo basato sul profitto, il sapere non si vende, ma si condivide; è la base di una società. È l’idea più bella che ci sia: non si può essere privati di un sapere. Guida pratica per insegnanti parte da questa considerazione e dalla voglia di fare un ritratto realistico di donne e uomini che ci accompagnano dalla nostra infanzia. Paradossalmente, molti di loro non hanno mai lasciato la scuola”.
Qui si percepisce però un’attenzione particolare alla resa realistica del mondo scolastico e alla vita di una scuola secondaria.
“L’attenzione alla riproduzione della realtà è un elemento essenziale del mio lavoro – continua il regista – devo conoscere al meglio un universo per sentirmi autorizzato a raccontarlo e a inserirvi una dimensione romanzata. Questo confronto tra realtà e racconto romanzato è la chiave di volta di tutto il mio approccio registico.
Questo ha richiesto, più che nei miei precedenti film, un enorme lavoro preparatorio di documentazione. Prima ancora di scrivere la prima riga di sceneggiatura, mi butto a leggere e guardare il maggior numero di documenti possibili sull’argomento, essenzialmente testimonianze. Guardo trasmissioni televisive, telegiornali, periodici, ma leggo anche blog, riviste e saggi di sociologia…
Progressivamente mi immergo nel soggetto. Non mi ispiro mai a opere di finzione. Questo lungo lavoro preparatorio mi permette di intravedere progressivamente il mio terreno di gioco come se l’avessi conosciuto io stesso. È solo a questo punto che possono nascere i personaggi. In generale, sono una miscela più o meno riuscita di me stesso, dell’attore o dell’attrice che ho in mente e dei personaggi intravisti nel corso del mio lavoro di documentazione. Penso che il realismo affiori da questa fusione approssimativa.
E il lavoro sulla scena va in questa stessa direzione: lasciare lo spazio ai personaggi per svelarsi, non limitarsi alle parti scritte, inventare continuamente nuovi dialoghi,
permettere alla vita di invadere progressivamente gli interstizi. Girare molto e rimettere continuamente in discussione la sceneggiatura. E poi, durante i due anni di lavorazione, avevo le antenne particolarmente sensibili quando venivo convocato, come ogni genitore, a un’assemblea di classe o talvolta nell’ufficio dell’educatore scolastico.
Oggi mi sento di dire che il mestiere di medico ha influenzato il mio sguardo sulle cose. Ha sviluppato un particolare senso dell’osservazione. Sono sinceramente convinto di filmare come un dottore: osservo, mi soffermo sui dettagli, analizzo, faccio diagnosi… i miei personaggi sono diventati i miei pazienti”.
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