BERLINO – “L’Italia mangiava in bianco e nero, ma aveva più colori del Paese attuale”. Lo afferma Andrea Gropplero di Troppenburg, il regista che ha consultato centinaia di ore di immagini dell’Archivio dell’Istituto Luce per realizzare Quando l’Italia mangiava in bianco e nero, presentato nella sezione Culinary Cinema della Berlinale.
Un gioiello di montaggio della durata di venti minuti che propone una sintesi divertente e rivelatrice del rapporto degli italiani con il cibo, da 90 anni a questa parte. C’è Totò che addenta felice un gamberone e poi Vittorio Gassman portato ad assistere alla pesca dei tonni, ma anche una bella ragazza vestita di pasta fresca e un curioso personaggio orgoglioso di definirsi ”l’inventore della pasta”.
Come si è svolta questa ricerca?
Soprattutto online, visto che sul web è facilmente consultabile un patrimonio ricchissimo di filmati d’epoca, e ho scovato degli inediti che contengono uno spaccato degli ultimi nove decenni del nostro Paese, da cui si desume che, soprattutto negli ultimi trent’anni, la società italiana è cambiata nella sua educazione familiare. Ad esempio è saltato il patto intergenerazionale che passava attraverso la tavola e la condivisione del momento del pasto con la famiglia. Oggi non esiste più la sala da pranzo e si è educati soprattutto alla solitudine.
Questo film svela tante cose anche sulla tv di quell’epoca…
Certo, infatti si nota benissimo il cambiamento di linguaggio attraverso gli anni ed è evidente che il mezzo audiovisivo è quello più adatto per raccontare la tradizione culinaria. Mi viene sempre in mente La ricotta di Pasolini…
Quale panorama culinario ha tracciato grazie agli archivi?
Ho capito che la storia della cucina italiana è fatta di invasioni, assedi, crisi, carestie, così come di Papi, re e imperatori. Ma sono le moltitudini indigenti che hanno trasformato la povertà in ricchezza grazie alla cucina, lavorando sulla semplicità. È curioso notare, inoltre, come oggi molti piatti che raccontiamo nel film sarebbero fuori legge a causa di direttive che trasformano la gastronomia in qualcosa di asettico.
Oggi la cucina è di gran moda, è diventata quasi spettacolare.
Trovo allucinante che esistano trasmissioni che trasformano la cucina in qualcosa di competitivo, perché invece dovrebbe rimanere un gioco. In compenso, anche grazie al grande lavoro di Carlo Petrini e Slow Food, la cultura alimentare si è diffusa di più e c’è maggiore consapevolezza del suo valore.
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