CANNES – Un piccolo film che sbaraglia il più forte (sulla carta) concorrente della giornata, il deludente Only God forgives di Nicolas Winding Refn. E’ Grigris di Mahamat-Saleh Haroun, coproduzione francese che arriva dal Ciad. Si tratta del quinto film di questo regista 53enne che ha vinto il Premio della Giuria a Cannes per L’homme qui cri e il Premio speciale della Giuria a Venezia per Daratt. Quest’anno è in competizione con una gangster story che diventa, via via che la narrazione procede, una tenera favola. Grigris è il soprannome portafortuna del protagonista (Souleymane Démé), un ragazzo che pratica la danza acrobatica con abilità sorprendente nonostante la polio gli abbia atrofizzato una gamba. Vive con la madre e il patrigno, a cui è molto affezionato. Ed è proprio per procurarsi i soldi per curare il vecchio, malato ai polmoni, che Grigris si infila in un brutto guaio tentando di imbrogliare i contrabbandieri di benzina. Nel frattempo si è innamorato della bellissima prostituta Mimì (Anais Monory), che rispetta nonostante sia maltrattata da tutti.
Costruito in presa diretta sulla realtà e in particolare nato dall’osservazione dell’ambiente del crimine di N’Djamena e grazie all’incontro con Démé, un vero danzatore e musicista, Grigris sviluppa un sorprendente coté femminista. “Mimì è il mio primo vero personaggio femminile – ammette il regista – con lei pago un tributo a tutte le donne anonime che ho incontrato nei villaggi africani, donne che non hanno neppure la possibilità di prendere la parola. Mi piaceva l’idea di creare una comunità di sole donne, autonome e capaci di risolvere i loro problemi senza l’aiuto degli uomini, attraverso la solidarietà”.
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La redazione va in vacanza per qualche giorno. Riprenderemo ad aggiornare a partire dal 2 gennaio. Auguriamo un felice 2018 a tutti i nostri lettori.
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