GLI ASTRONOMI


Una Sicilia polverosa, arretrata di almeno cent’anni, che nel 1843 sembra non avere ancor preso atto dell’Illuminismo, suore che si danno a convegni amorosi nel carnevale, cunicoli nascosti da tombe, feti conservati sotto spirito… è la terra che fa da sfondo all’unico film italiano di Taormina 2002.
Gli astronomi, opera prima di Diego Ronsisvalle, è ispirato a un romanzo breve edito da Sellerio e scritto dal padre del cineasta, Vanni. Diego, trentenne, studi di cinema a New York come si usa, dice candidamente: “E’ stato naturale scegliere un libro fatto in famiglia per il debutto da regista… in più ho risparmiato sui diritti”. Costato un miliardo e mezzo, prodotto con l’articolo 8, una canzone di Battiato-Sgalambro nei titoli, il film avrà anche una distribuzione, l’Istituto Luce.
Ma il percorso non è stato certo lineare: “Mentre giaceva a Cinecittà senza grosse speranze, il filmetto ha trovato in Felice Laudadio uno sponsor convinto”. Quasi “scontato” dare un’anteprima siciliana a una storia (vera) della chiesa matrice di Acireale, dove lo scienziato danese Peters è chiamato a costruire una meridiana su richiesta del canonico Stupendo, diviso tra l’aspirazione a diventare vescovo e dunque a rispettare i segreti di una comunità bigotta e di nobili tradizionalisti e la fascinazione per il calcolo astronomico e il computo del tempo.
Dal romanzo viene la critica all’ipocrisia del mondo cattolico messo a confronto con la fede riformata del luterano Peters. Per Paolo Bonacelli, che interpreta lo scienziato, rappresenta “un cinema laico in cui le idee prevalgono nonostante le ristrettezze di fondi”.
Per Marisa Fabbri, una necessità culturale, perché “per sapere dove andare bisogna sapere da dove veniamo”: alla veterana della scena teatrale, Ronsisvalle ha affidato curiosamente il ruolo en travesti del canonico. “Dicono che somiglio a un Peter O’Toole invecchiato”, scherza l’attrice. “All’inizio non capivo quale potesse essere il mio spazio, se non quello della nobildonna moribonda poi toccato a Laura Betti, ma il romanzo mi sembrava bellissimo per lo spessore culturale e politico reso in forma fluida, come un percorso della memoria e dunque volevo starci. Quando mi hanno offerto di essere il canonico, ho ripensato a ruoli di maschio fatti per Strehler e Ronconi e ho trovato i gesti e la voce giusti, come Robin Williams”.
Ronsisvalle confessa di avere voluto coinvolgere anche Harvey Keitel. “L’ho incontrato proprio qui in Sicilia, mentre girava Vipera di Citti. Per mezz’ora gli ho raccontato questa storia cercando di appassionarlo… finché mi ha interrotto e mi ha chiesto ‘cos’è una meridiana?’. È finita lì”.

autore
09 Luglio 2002

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