Giordana: non cerco l’applauso facile


A. Boni, M. Giordana, M. CesconMarco Tullio Giordana, elegante col suo completo di lino chiaro, inizia la giornata più impegnativa, quella del concorso di Cannes, bevendo tè e fumando sigarette Peace, in una stanza al primo piano del Majestic, quasi di fronte al Palais. Lì, quartier generale di Rai Cinema, arrivano i dati, più che positivi, del botteghino italiano: incassi quasi triplicati da venerdì a sabato per le 250 copie che 01 ha mandato nelle sale, stavolta anche nei multiplex approfittando di un riflusso stagionale che apre le porte al cinema d’autore. Quando sei nato non puoi più nasconderti sta dietro a kolossal di stagione, Le Crociate di Ridley Scott, una corazzata imbattibile per la piccola barca dove Matteo Gadola scampa al naufragio in pieno Mediterraneo per incontrare il terzo mondo che abbiamo in casa. Il film, che gli stranieri hanno voglia di vedere per la curiosità e l’ansia di ritrovarci lo spirito della Meglio gioventù, è stato venduto in Australia e cerca altri acquirenti al Marché contando anche sugli accordi con inglesi e francesi messi in piedi da Cattleya e Rai Cinema. “Gli stranieri, guardando il film con uno sguardo più libero, si sorprendono del rovesciamento dalla commedia al dramma, e per la peculiarità della storia italiana”. Poco colonialista e segnata, viceversa, da un esodo bibilico di 60 milioni di persone che per fare fortuna all’estero hanno pagato un M. Giordanaprezzo di sofferenza e perdita. “Abbiamo un sentire comune, una compassione che ci avvicina agli immigrati di oggi. I migranti sono come uno specchio che ci rimanda fantasmi che popolano il nostro inconscio”.
Si discute sull’accoglienza alle prime proiezioni per la stampa, forse non troppo calorosa. Ma Marco Tullio avverte: “Non ho percorso certo le strade più semplici. Nel finale avrei potuto cercare l’applauso con una chiusura artificiale, di mestiere, ma sarebbe andata contro il film, sarebbe stata come un orgasmo”.

Rivendica una continuità con La meglio gioventù, quasi che la storia ritagliata sul reportage di Maria Pace Ottieri fosse una terza parte di quella saga sull’Italia degli anni ’70. “C’è una parentela tra i personaggi, per il loro mondo morale, sono persone che si interrogano, che si assumono delle responsabilità”. Gli sta a cuore la trasformazione della classe media, al di là dei pregiudizi sul Nord Est. “Quella del Nord è la nuova classe dirigente italiana – spiega – e neppure lo sa. Non sa che questo comporta certe responsabilità: bisogna leggere, viaggiare, capire. Nessun partito ha veramente intercettato questa esigenza, i voti del Nord sono in prestito”. Parla volentieri di politica, l’autore di Pasolini, un delitto italiano. Attacca Berlusconi ma critica anche la sinistra che ha sottovalutato la componente avventurosa dell’economia.

Poi prende le difese dei suoi colleghi: “Il cinema italiano è una delle cose migliori di questo paese, anche se viene svillaneggiato, mentre è forte la stima di cui gode all’estero”. Nega, dunque, che gli italiani siano penalizzati dal programma di Cannes 58. “Siamo rappresentati da tre buoni film che raccontano il nostro paese. Marra e Vicari sono due registi molto interessanti e non considero una sezione minore la Semaine. Del resto, in concorso non c’è neanche un film inglese o spagnolo”.

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15 Maggio 2005

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