LA MADDALENA – Incuriosisce in Freestyle, alla Festa di Roma, un documentario dal titolo calcistico e colorito, Er gol de Turone era bono, di Francesco Miccichè e Lorenzo Rossi Espagnet con la consulenza di Alberto Mandolesi, famoso giornalista romanista, di Stefano Discreti, giornalista juventino, e la collaborazione di Ettore Viola, figlio del presidente della A.S. Roma, Dino Viola.
Una frase immediatamente evocativa per tanti romanisti, ma anche per molti calciofili, diventata proverbiale di un errore di arbitraggio avvolto nel mistero ancora a quarant’anni di distanza. Era il 10 maggio del 1981 e al Comunale di Torino si giocava una partita scudetto, Juventus-Roma. Al 72° minuto, ancora sullo 0 a 0, il difensore della A.S. Roma Maurizio Turone fa un gol di testa. L’arbitro Paolo Bergamo convalida, ma immediatamente intercetta la bandierina gialla del guardalinee Sancini, decreta il fuorigioco e annulla. Il pareggio regala alla Juve lo scudetto. Esplode la polemica – mai davvero sopita – il Var all’epoca non esiste e la moviola lascia ampi margini di indecisione. Oggi tutti i protagonisti dell’epoca – Turone, Bergamo e Sancini, Prandelli, Marocchino, Pruzzo, Conti – hanno qualcosa da dire, come si vedrà nel film. Ne parliamo con il produttore Giannandrea Pecorelli, tra gli ospiti del Premio Solinas a La Maddalena. Er gol de Turone era bono è prodotto dalla sua Aurora con Rai Cinema e sarà distribuito da Altre Storie.
Come nasce il documentario?
Come un’indagine affettuosa, ironica e nostalgica di un evento come tanti nella storia del calcio, un gol annullato. Clamorosamente questo frammento, perché esiste solo una telecamera che l’ha ripreso, è stato rivisto tantissime volte per cercare di capire se questo goal annullato fosse realmente un fuorigioco oppure un sopruso quasi volontario perché la partita che si stava giocando era Juventus-Roma.
E’ diventato leggendario.
Sono passati più di quarant’anni e quel nome, Turone, è entrato nella leggenda, viene utilizzato per antonomasia, “il gol di Turone” indica un torto subito da una squadra contro un team più blasonato.
La Juve è la bestia nera dei romanisti.
Quella è stata la prima volta. La Juventus era molto più forte e la Roma, fino a quel momento, non aveva avuto una grande storia nel dopoguerra. Ma Dino Viola l’aveva impostata per vincere, aveva preso Falcao – era il primo campionato con gli stranieri – il giocatore più forte. Un momento di grande rinascita e di grande speranza e quella partita era attesissima. Furono tanti, come mai prima, i tifosi che andarono a Torino, ci furono dei treni speciali. Partì persino il sindaco capitolino Petroselli.
Come avete ricostruito l’evento?
All’epoca c’era soltanto la radiocronaca e qualche immagine della televisione in bianco e nero. Siamo andati a cercare i testimoni illustri – come Enrico Vanzina e Paolo Calabresi che erano quel giorno allo stadio – ma anche tanti tifosi. Camminando per Testaccio la sera di una partita della Roma di Conference League abbiamo fermato la gente e abbiamo trovato tanti che erano quel pomeriggio a Torino.
Avete intervistato anche i calciatori e l’arbitro.
Volevamo ricostruire l’azione. C’erano giocatori particolarmente importanti in area: Falcao, Pruzzo, Bruno Conti, fino ad arrivare a Turone e, dall’altra parte, c’era Prandelli che abbiamo intervistato con tutti gli juventini di quella partita.
Avete scoperto qualcosa?
È impossibile accertare la verità.
Lei poi è laziale.
Il film è divertente anche perché prende un po’ in giro i romanisti… E’ vero, sono molto laziale, ma devo ammettere che questa vicenda mi commuove, da tifoso sento la sofferenza. Molti romanisti lo vivono ancora come un lutto. È come se quel giorno fosse morto qualcuno perché era la grande speranza del primo scudetto del dopoguerra, che poi la Roma ha vinto due anni dopo. Lo stesso Pruzzo dice: ‘se avessimo vinto quell’anno avremmo vinto tre scudetti consecutivi’.
Un vulnus insanabile.
Se ne parlerà ancora tra quarant’anni.
Ma il goal c’era?
Prandelli dice che è impossibile dirlo. Abbiamo fatto rivedere l’azione, grazie alle Teche Rai, a tutti i protagonisti. Turone non l’aveva mai visto, Pruzzo si incazza come una bestia, l’arbitro Bergamo dice che non sa, il guardalinee, che è abbastanza anziano, continua a sostenere che fosse fuorigioco e che in buona fede ha alzato la bandierina. Bruno Conti prende in giro Turone: ‘ho fatto tantissimi gol e nessuno se li ricorda, mentre tutti ricordano il gol annullato’. E’ un paradosso. C’è un’epopea di Turone, un difensore che improvvisamente era andato avanti e aveva segnato.
Vanno molto bene i documentari di argomento sportivo, dal calcio al tennis.
Sì, si tratta sempre di trovare un’originalità. È una necessità del cinema italiano in questo momento, dove si sovrappongono le offerte, gli attori, i generi, e alla fine non si riesce a decifrare i prodotti. C’è una ripetizione anche rispetto alle piattaforme. Il documentario di costruzione è nuovo ma efficace, non a caso il film che ha incassato di più l’anno scorso – a parte Me contro te – è Ennio, che è un un film totalmente anomalo però muove le emozioni. Anche chi non è tifoso, vedendo questa storia, da una parte si diverte e dall’altra si emoziona.
C’è un elemento di nostalgia?
Sì, come in un altro film che ho prodotto, Notte prima degli esami. Il calcio all’epoca si giocava sempre alle tre del pomeriggio di domenica, l’arbitro era vestito di nero, si poteva cambiare un giocatore solo quindi se uno si infortunava si giocava in dieci. Era un tipo di calcio molto diverso da quello di oggi. C’è sicuramente un effetto nostalgia per chi come me ha vissuto quei tempi e di curiosità per chi l’ha sentito nei racconti.
Sta producendo altro?
Soprattutto televisione, serialità. Il paradiso delle signore che va molto bene, la nuova stagione è partita al 21%. Poi stiamo girando, sempre per la Rai, la seconda stagione di Cuori. Sempre come Aurora stiamo facendo una serie per Rai Kids, un settore che a noi interessa molto, Le cronache di Nanaria, una storia sul disagio linguistico dei ragazzini, dove il teatro aiuta a riparare la timidezza.
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