Per lui il cinema è questione di Dna. D’altronde per uno degli eredi del grande Ugo, non avrebbe potuto essere altrimenti. Cresciuto a pane e pellicola, Gianmarco Tognazzi ha passato metà della sua vita nel buio delle sale.
In questi giorni è impegnatissimo sul palcoscenico del Sistina di Roma, dove recita, insieme ad Alessandro Gassman, nella commedia A qualcuno piace caldo, ma alla presentazione della “Carta dello Spettatore” c’era anche lui, contento di sostenere un’iniziativa che impegna chi gestisce cinema o teatri a rispettare alcuni standard, nel rispetto del pubblico.
Credi che questa iniziativa basti per aiutare il pubblico a godersi uno spettacolo di qualità?
E’ un primo passo molto importante, che rimette lo spettatore al centro dell’attenzione. In questa direzione, però, si può fare molto di più. L’ideale sarebbe un marchio di qualità che garantisse al pubblico la certezza di assistere a una proiezione di buon livello, anche dal punto di vista tecnologico. In questo potrebbero avere una grande importanza le associazioni di categoria, magari con iniziative che sostengano chi vuole aggiornarsi con sistemi all’avanguardia.
Investimenti costosi…
Per migliorare la qualità di una proiezione basta poco. Cambiare la lampada del proiettore è una sciocchezza che però migliora la resa della pellicola, così come regolare il volume è una semplice accortezza che in molte sale viene trascurata. Certo, in confronto a dieci anni fa ci sono stati molti passi avanti. A quell’epoca andavo al cinema anche quattro volte al giorno, ma non ho mai capito perché i gestori dei cinema non mettessero nemmeno un cestino dei rifiuti in sala. Io ho sempre baccagliato ogni volta che lo ritenevo giusto, per questo è importante che il diritto a reclamare sia riconosciuto e tutelato.
Nella Carta si parla anche di doveri degli spettatori però…
Sacrosanto. Se uno arriva in sala, chiacchiera, tiene il telefonino acceso e sparge rifiuti ovunque è giusto che gli si dica qualcosa. Ma il punto è un altro. Da troppi anni in Italia non ci si preoccupa di formare i giovani. Credo che la storia dello spettacolo, dal cinema, al teatro, alla televisione, dovrebbe essere materia d’insegnamento in tutte le scuole superiori e non lasciata al buon cuore del professore d’italiano. Questo dovrebbe far parte dell’alfabetizzazione di tutti noi, non si dovrebbe costringere chi ha questi interessi ad aspettare l’università per approfondirli. Solo così nasce un pubblico che ha rispetto e curiosità per l’arte.
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