Ghezzi e Kojima: il ‘sesto senso’ dei videogiochi e del cinema


MILANOHideo Kojima, uno dei creatori di videogiochi per il quale il titolo di “director” (che in inglese vale per i videogame e il cinema) calza a pennello, arriva in Italia per presentare la sua ultima fatica, Metal Gear Rising: Revengeance.

 

Spin-off di Metal Gear Solid, la sua serie da più di 30 milioni di copie al mondo, Rising mette da parte lo stile di gioco “ragionato” della serie ufficiale, per un nuovo titolo tutto azione e adrenalina. Ma ovviamente il marchio di fabbrica del creatore della saga non manca. Storia complessa, sequenze d’intermezzo con regia raffinata, personaggi tridimensionali, nella caratterizzazione prima ancora che nella grafica.

Si legge sul profilo Twitter di Kojima: “il 70% del mio corpo è composto da film”. E allora, per condurre l’incontro con un designer che fa della continua commistione tra linguaggio cinematografico e videoludico uno stile inconfondibile, qual voce migliore di quella cinematograficamente onnisciente – e idealmente in perenne fuori-syc – di Enrico Ghezzi?

La scelta dell’autore di “Fuori Orario” non è dettata solamente dalla sua competenza però. Ghezzi infatti rivela di seguire Kojima da anni e ricorda di averlo invitato in Italia già sul finire degli anni ’90 in occasione del Festival di Procida.

La conversazione all’inizio verte su argomenti ortodossi come la differenza tra i vari stili di montaggio usati nei videogame. Secondo la visione di Kojima “spesso è il piano sequenza a prevalere rispetto a un montaggio forsennato, semplicemente perché nei videogiochi tutto avviene in tempo reale. Ma dipende da quale sensazione si vuole trasmettere al giocatore”.

Il “giocatore” quindi, avrebbe sempre una parte attiva nella narrazione. Anche se durante le scene d’intermezzo non gli viene chiesto altro se non assistere, il solo fatto di poter “interpretare” il personaggio in questione, genera un’empatia che difficilmente si instaura con altri media più “puri” come il cinema. Ghezzi affronta poi la “questione 3D”, domandando quale peso possa avere in prospettiva futura. Secondo il director di Tokyo, “nei videogiochi il 3D è di fondamentale importanza, più che nei film. Il 3D è ciò che rende interattivo un oggetto, e quindi a livello cerebrale permette di comprenderne la profondità anche senza dover usare gli occhialini come al cinema”.

E, parlando sempre di emozioni provate dallo spettatore/giocatore scaturite da sensi che non siano i canonici vista e udito, Ghezzi sembra suggerire un percorso dato da sensazioni “fisiche” che in futuro, con l’avvento della tecnologia, potrebbero essere portate ad altissimi livelli da frame-rate vertiginosi e sintetizzatori odorosi. La risposta di Kojima in merito verte su un aspetto più “artistico”: così come Kurosawa in Anatomia di un rapimento dava la sensazione della puzza soffermandosi con la telecamera sui volti degli attori che storcevano il naso, lui cerca con le possibilità offertegli da video e sonoro, di restituire al giocatore esperienze non direttamente esplorabili dal media.

 

Non solo odore, freddo, tatto (quest’ultimo con l’ausilio della funzione “rumble” dei pad, che li fa tremare in situazioni di gioco particolarmente concitate), ma anche altri piccoli espedienti come quello usato in Metal Gear Solid 4, quando una bomba scoppia vicino al personaggio: musica ed effetti sonori scompaiono e lasciano spazio a un fastidioso sibilo, come a simulare una temporanea sordità data dall’esplosione ravvicinata. Varie trovate che unite aiutano a far dimenticare all’utente di essere “solamente” di fronte a un videogioco. 
Forse la “sinestesia” totale nei videogiochi, così come nel cinema, è ancora lontana; ma titoli come questo, e come il nuovo Rising, sono capaci di soddisfare non solo due sensi, ma anche una sete di narrazioni e trame di prima qualità. C’è davvero bisogno di altro?

Per rispondere basti citare Ghezzi nelle sue parole di chiusura dell’incontro: “per ora siamo ancora ai livelli di Hitchcock, mancano i cinque sensi, ma tutto il cinema è una sorta di sesto senso che ci attende”.

autore
25 Febbraio 2013

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