BERLINO – “Noi che abbiamo realizzato questo film veniamo da Paesi attualmente in conflitto tra loro, ma continuiamo a lavorare in armonia, anche per preservare il dialogo, che in questo momento è essenziale”. Accolto con favore in concorso alla Berlinale, Under Electric Clouds del russo Aleksej German Jr. vanta una compagine produttiva molto particolare, soprattutto considerando le notizie esplosive che arrivano in questi giorni da Kiev e da Mosca. Ad aver finanziato questo affresco poetico della Russia del 2017 – “Un secolo esatto dopo la Rivoluzione Russa e nell’imminenza di una nuova grande guerra”, come recita la voce off all’inizio del film – sono infatti la Metrafilms con il patrocinio del Ministero della Cultura russo, l’ucraina Linked Films Company, sostenuta dall’agenzia pubblica per il cinema ucraino, la Apple Film e Krzysztof Zanussi per la Polonia.
Ambientato in un vicinissimo futuro in cui anche le nuvole diventano spazi pubblicitari e immerso nel paesaggio surreale di un museo a cielo aperto di opere di biodesign nato all’ombra dello scheletro di un grattacielo, Under Electric Clouds è diviso in sette capitoli che fungono da parabole metaforiche dello stato di un Paese, la Russia, diviso tra un passato ancora da decifrare e un futuro immaginario. “Era importante concentrarsi sul concetto di tempo, che in Russia è molto confuso, non è lineare ma circolare – ha spiegato il regista – Per capire cosa sta succedendo nel nostro Paese bisogna illuminare lo spazio da diverse prospettive, io ho cercato di farlo con un film poetico che analizza un mondo e la sua ricerca identitaria. Volevamo scandagliare nel profondo l’anima russa. Per noi questo film è un viaggio, un’avventura”.
Realizzato dopo una gestazione lunga ben sei anni – “Eravamo ben lontani dall’immaginare il conflitto russo-ucraino di oggi” – Under Electric Clouds restituisce tutte le contraddizioni di una società soggetta a spinte divergenti attraverso simboli che sembrano galleggiare nel nulla, come la grande statua di Lenin la cui mano destra indica il vuoto: “La Russia è un paese che non si capisce nemmeno da solo. Ci sono cose buone e cattive, ci sono xenofobia e antisemitismo, come d’altronde dovunque. Da un secolo a questa parte la Russia cerca di trovare la propria voce e attraversa dei cicli: quello imperiale, quello rivoluzionario, quello comunista, la guerra fredda, e questo film cerca di analizzare tutti questi strati complessi, lo strappo interiore tra passato, presente e futuro, e di renderne la complessità. L’unico modo di esprimere tutto ciò era un poema che mescola drammaturgia e arti plastiche”.
Aleksej German Jr. ha poi spiegato che c’è stata “Una preparazione molto lunga per le riprese, perché volevamo rappresentare il mondo in modo molto impressionista, arrestare il tempo sull’immagine, come nel caso della statua di Lenin sotto la neve, che tra l’altro è stata protagonista di un episodio curioso. Ci è stata rubata sul set, ma poi l’abbiamo ritrovata in un giardino: chi l’aveva presa ci ha detto di averlo fatto per salvarla dalla distruzione”.
Del Brocco, AD di Rai Cinema: "Il film di Rosi, in concorso alla Berlinale, porterà nel cuore dell’Europa immagini e sentimenti utili ad arricchire la riflessione sui nuovi fenomeni migratori"
Il 66° Festival di Berlino si svolgerà dall'11 al 21 febbraio 2016. L'edizione 2015 si è chiusa con un bilancio positivo: 334.000 biglietti venduti e un nuovo record di presenze
L'interprete di Vergine giurata festeggiata da Volker Schloendorff, che l'ha paragonata a Monica Vitti, nel corso del tradizionale gala italo-tedesco a Berlino
"E' l'Iran - dice il regista, Orso d'oro della Berlinale - a far interferire la politica nel cinema". E sulle possibili conseguenze del premio: "Sono libero su cauzione, per me è sempre possibile finire in carcere"