L’ultima fatica americana di Gabriele Muccino, la quarta, Padri e figlie, in sala con 400 copie l’1 ottobre grazie a 01 e a dicembre sugli schermi statunitensi, è un film che il regista s’augura tocchi il cuore degli spettatori. Punto di partenza una sceneggiatura originale, scritta da Brad Desch, “profondamente commovente, coinvolgente – dice Muccino – parla della vita, della morte, dell’amore e della paura di perdere le persone che ami, gli elementi fondamentali”.
Jake, Russell Crowe, romanziere premio Pulitzer rimasto vedovo s’occupa con amore e cura della piccola Katie, Kylie Rogers, lottando contro un disturbo mentale che lo tiene comunque lontano da casa alcuni mesi per sottoporsi a un trattamento psichiatrico. A mettersi di traverso, dopo averlo all’inizio aiutato ospitando Katie durante la sua assenza, è la sorella Diane Kruger, della moglie scomparsa che, complice il marito, Bruce Greenwood, cerca in tutti modi di sottrargli Katie con l’obiettivo di adottarla.
Parallelamente a questa vicenda del passato si sviluppa la storia di oggi con Katie, Amanda Seyfried, diventata nel frattempo psicologa di bambini disagiati, che combatte con i fantasmi della sua infanzia non riuscendo ad abbandonarsi a una storia d’amore, con il timore dell’abbandono. Per lei meglio non amare, non avere legami e accontentarsi di rapporti veloci e non coinvolgenti.
I due piani narrativi s’intrecciano fino all’epilogo – “in principio il finale era molto diverso, ma non ve lo racconto perché ho voluto cambiarlo” – che accontenterà il grande pubblico.
Tra i progetti futuri di Muccino ci sono Paura di volare, tratto dal romanzo di Erica Jong e L’estate addosso da girare in Italia, film sui diciottenni di oggi in viaggio on the road in America.
Come si trova oggi a lavorare a Hollywood, dopo aver conosciuto il grande successo con Will Smith?
Gli Studios oggi producono film come Star Wars, Twilight, Hunger Games, legati al franchising e a libri molto popolari. Siccome non è nelle mie corde realizzare questi film e non credo ai vampiri, sono passato dai film drammatici, un tempo prodotti dagli Studios ed ora scippati dalle tv, ai film cosiddetti d’arte come Padri e figlie, che non sono facili da costruire.
Dopo La ricerca della felicità (2006) e Quello che so sull’amore (2012), torna in questo film il tema della paternità?
In qualche modo c’era anche in Sette anime, un film nel quale qualcuno generava la vita. La paternità è un argomento che mi tocca, ma prometto che questo è l’ultimo film sul tema.
Il suo precedente film americano Quello che so sull’amore aveva richiesto una lavorazione faticosa?
Dopo le due felici esperienze precedenti, mi sono ritrovato con le mani legate, non ho potuto intervenire sulla sceneggiatura di quel film, per non parlare del protagonista che si scriveva lui stesso le scene e recitava come gli pareva.
E questa volta invece?
Nessuna interferenza da parte dei produttori. Mi sono innamorato della sceneggiatura anche se il film è stato complicato nel montaggio, nell’elaborazione della struttura, un’unica storia con sottotrame che s’intrecciano e arricchiscono l’opera. Lo considero il mio film più completo e più compiuto, forte di un’onda emotiva che commuove, perché racconta in modo onesto qualcosa di profondo.
Russell Crowe si è imbattuto in un personaggio che richiedeva un coinvolgimento anche fisico.
Russell ha comunque una sua fisicità di base, che gli consente di interpretare molti ruoli, non a caso lo abbiamo visto gladiatore. Ho lavorato con lui sul set, dopo aver girato tutte le parti di Katie adulta. E’ arrivato molto stanco da altri film appena terminati e subito abbiamo fatto un week end completamente immersi nella visione di video sulle convulsioni, così poco conosciute dalla scienza.
Come ha scelto Amanda Seyfried?
Il suo è un ruolo pericoloso e impegnativo, una parte inseguita da varie attrici di serie A, ma dietro la fanciullesca attitudine di Amanda c’è un mondo che volevo esplorare. Non era facile il personaggio di una donna che va con tanti uomini perché c’era il rischio di infastidire e allontanare il pubblico. Così ho cercato empatia con il percorso autodistruttivo, con il travaglio interiore di Katie.
“Gli uomini sopravvivono senza amore, le donne no” dice uno degli interpreti del film, ne è convinto?
L’amore muove il mondo. Le donne hanno un istinto più spiccato a cercare l’amore, è qualcosa di ancestrale che forse risale a quando gli uomini andavano a caccia per procurarsi il cibo e le donne rimanevano a casa a gestire le relazioni.
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