Dopo l’ottima accoglienza al Festival di Roma e a Lucca Comics, arriverà in sala il 25 febbraio con Lucky Red Lo chiamavano Jeeg Robot, il film di Gabriele Mainetti con Claudio Santamaria, Luca Marinelli e Ilenia Pastorelli che propone in chiave italica uno schema tipico del cinema americano, quello dei film di super-eroi, aggiungendoci cultura pop e riferimenti ai manga e agli anime giapponesi. Il canovaccio vede un ladruncolo di periferia romana ottenere incredibili super-poteri dopo un bagno inaspettato nel Tevere, e tutto, incredibilmente, risulta estremamente convincente. “Ci ha cresciuti Bim, Bum, Bam – dice Mainetti – abbiamo studiato tanto cinema ma poi quando si è trattato di dire qualcosa di nostro siamo andati a ripescare quello che ci emozionava nel profondo. Non volevamo il supereroe in armatura dei film americani, i nostri il costume se lo cuciono da soli, abbiamo riportato quell’idea a casa nostra. Non potevamo riproporre gli stessi identici canovacci, non abbiamo lo storico. A volte mi sono sentito come un elefante in un negozio di cristalli, bastava una piccola mossa perché tutto crollasse. Ma non volevo che ci fossero solo buoni da una parte e solo cattivi dall’altra. Il protagonista è un piccolo criminale, fondamentalmente vive di espedienti e resta in attesa della morte guardando film porno e divorando dolcetti alla vaniglia. Il cattivo è un cantante fallito che ha l’ansia di apparire. Insomma, ci sono sfumature e fragilità”.
E il cattivo è Marinelli, in un’interpretazione che ricorda i più grandi epigoni del mondo del fumetto, a partire dal Joker di Batman: “Non ci ho pensato particolarmente – dice l’attore – nessuno pensava che potessi essere così matto. Mi sono ispirato a David Bowie e perfino ad Anna Oxa, con il loro look androgino”. “Sul personaggio di Enzo – dice invece Santamaria – abbiamo lavorato parecchio. Ho messo su 20 chili perché Gabriele mi voleva piazzato e sgraziato, e anche nel modo di parlare. All’inizio dicevo, in romano ‘senti, poi uscì pè favore?’. Ma Gabriele mi diceva: ‘Enzo non direbbe così. Direbbe solo ‘vattene!’” Ilenia Pastorelli, che viene dal Grande Fratello, racconta: “Non ci credevo che volessero farmi un provino, perfino il mio agente mi diceva: ‘non ce la farai mai’. Ma io studiavo e mia madre mi diceva: ricordati che dobbiamo pagare il mutuo. Quindi questo è il mio metodo: altro che Stanislavskij, il mio è il ‘metodo mutuo’. E quando ci pensavo riuscivo pure a piangere”.
“Ci hanno ispirati anche film non specificamente del genere, come Ballata Triste… di Alex De la Iglesia – dicono gli sceneggiatori Guaglianone e Menotti – non necessariamente film che ci piacevano. Volevamo mettere insieme neorealismo e pop. Non pensavamo di fare film di genere e nemmeno di critica sociale, anche se un po’ c’è anche il mondo della crisi e quello che sarebbe venuto dopo, gli attentati e tutto. Ma per noi esistono solo i film belli o quelli brutti”. All’uscita del film è abbinato un fumetto che uscirà con la Gazzetta dello Sport, scritto da Roberto Recchioni (attuale curatore di Dylan Dog per Bonelli), disegnato da Giorgio Pontrelli e Stefano Simenone e presentato con quattro diverse copertine, firmate da altrettanti autori: Zerocalcare, Leo Ortolani, Giacomo Bevilacqua e lo stesso Recchioni. “E’ un numero unico – spiega Mainetti – non segue la storia del film ma racconta un’altra avventura”. Sia Santamaria che Marinelli sono apparsi in un altro film tratto dai fumetti (di Andrea Pazienza) Paz!, “ma qui la storia è diversa – dice Santamaria – perché hanno tratto un fumetto dal film. Lo trovo entusiasmante”. “E io – chiude Marinelli – di Dylan Dog sono un cultore. Non vedo l’ora di leggerlo”.
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