A guardarle sembrano due sorelle che giocano a truccarsi e scambiarsi i vestiti, in realtà sono marito e moglie, anche se quando si sono sposati, a Nemi, il sindaco, tra l’altro una donna, proprio non voleva unirle in matrimonio, tutte e due vestite di rosa con i boccoli biondi sulle spalle. Marianna e Beatrice, al secolo Pino Della Pelle, sono una coppia fuori da ogni convenzione eppure del tutto normale che il documentario di Elisa Amoruso, Fuoristrada, ci fa conoscere portandoci dentro la loro vita quotidiana con discrezione. Pino fa il meccanico, è appassionato di jeep, pilota di rally, ha vinto anche qualche coppa, nell’ambiente è soprannominato Girello per la sua capacità di far fare un giro completo a un fuoristrada senza spaccare il motore. Dal ’95 ha deciso di lasciare spazio al suo lato femminile e diventare Beatrice: ha cominciato a prendere gli ormoni, si è fatta il seno. Quando si è presentata in officina vestita da donna qualche cliente se n’è andato, molti hanno capito. Poi nel 2003, ha conosciuto Marianna, arrivata dalla Romania come badante. Se ne è innamorata subito e anche lei, pur perplessa all’inizio, ha finito per ricambiare.
“Non mi piace la parola transessuale, io sono Pino e sono Beatrice”, dice semplicemente. Felice che il film che la racconta – menzione speciale al Festival di Roma – stia per uscire in sala con Luce Cinecittà, dal 27 marzo. La regista, trentatreenne, sceneggiatrice per Marco Ponti e Claudio Noce, al suo primo documentario, l’ha conosciuta attraverso una sua amica. “Mi disse: ti devo presentare il mio meccanico perché secondo me ci farai un film. E infatti appena ho incontrato Bea ci siamo messe a parlare dei suoi amori, dei suoi matrimoni, della sua vita che sembra un romanzo. Quando le ho proposto il film, mi ha detto che dovevo chiedere il permesso a sua moglie Marianna, che fa la sarta e ha il negozio vicino all’officina, a San Giovanni. È stato un po’ più difficile convincerla, ma alla fine ci hanno lasciato entrare nella loro famiglia che abbiamo seguito a lungo prima delle riprese, durate tre settimane”. Continua l’autrice: “Avevo chiaro che volevo raccontare soprattutto la loro storia d’amore, evitando il tono grottesco o surreale. Non mi interessava parlare di un meccanico di rally che diventa transessuale, ma di questa storia d’amore così strana, di Marianna che non sapeva cosa pensare e poi ha cucito lei stessa gli abiti da sposa per entrambe”. E neppure era importante denunciare l’atteggiamento della società, che pure trapela in qualche momento: “Posso dire – aggiunge Elisa Amoruso – che chi vede il film, indipendentemente dalla classe sociale o dall’età, finisce per essere toccato dal loro sentimento”. Senza nessun atteggiamento morboso o peggio scandalistico, la mdp segue la vita familiare della coppia, una vita di armonia e ironia. C’è il figlio di Marianna, Daniele, che in Beatrice ha trovato un secondo padre, anche se è guardato con sospetto da qualche insegnante. E c’è Katiuscia, la figlia del primo matrimonio di Pino. Tra padre e figlia il rapporto è difficile, quasi inesistente, ma il film in qualche modo li ha riavvicinati: “Non si parlavano da molto tempo – racconta l’autrice – avrei voluto averle nella stessa scena, ma poi ho deciso di non mettere Katiuscia nel video, perché mi sembrava una forzatura che avrebbe reso il film artefatto”. Quindi nel film si sente solo la sua voce. Ma adesso padre e figlia hanno ricominciato a parlarsi e la ragazza è andata a trovare Marianna, che è malata. “Il film – spiega Pino – mi ha aiutato moltissimo a capirla. Pensavo che fosse anche colpa sua se non ci vedevamo più, adesso che ho ascoltato le sue parole so di aver sbagliato al 99%. Spero che vedrà il film seduta accanto a me al cinema”.
Prodotto senza finanziamenti pubblici (ma è riconosciuto d’interesse culturale) col marchio meproducodasolo in associazione con Youngfilms e Tangram, Fuoristrada ha avuto un percorso produttivo tutto in salita: “Rifiutato da tante istituzioni, ignorato in Rai, dove credo che spaventasse per l’argomento, mentre all’estero, dove ci sono fondi speciali per i progetti di argomento GLBT, avrebbe avuto vita più facile. Ora è stato apprezzato ai festival e il Luce è la prima istituzione che crede nel progetto”, racconta il produttore Alfredo Covelli. Mentre Beppe Attene per il Luce, spiega i motivi della convinta scelta distributiva: “Fuoristrada buca la barriera della tolleranza, che rischia di sconfinare in indifferenza e, secondo me, fa il paio con il documentario di Amelio, Felice chi è diverso. E poi rappresenta quella nuova onda di documentari in cui il linguaggio artistico torna ad essere importante, andando oltre il realismo nudo e crudo o l’estremismo programmatico”. Il film farà tappa ai Festival di Milano, Salonicco, Guadalajara e Monaco di Baviera, mentre Elisa Amoroso sta lavorando a un nuovo doc, storia di alcune immigrate diventate imprenditrici, stavolta con un finanziamento della Provincia di Roma.
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