VENEZIA – Ieri la quarta conferenza di Lido Philo ha visto come relatore: Fritjof Capra, Ph.D., fisico e teorico sistemico, è fondatore e direttore del Center for Ecoliteracy a Berkeley. Autore di molti libri in cui indaga gli aspetti filosofici del pensiero scientifico, tra i quali i bestseller mondiali Il Tao della fisica, La rete della vita, e La scienza universale, coautore, con Pier Luigi Luisi, del nuovo libro Vita e natura: una visione sistemica (Aboca, 2014). www.fritjofcapra.net
“Durante gli ultimi trent’anni, una nuova concezione della vita si è formata all’avanguardia della scienza contemporanea. Per darvi alcuni spunti, l’universo non è più visto come una macchina fatta di componenti elementari. Abbiamo scoperto che il mondo materiale, alla fine, è una rete inseparabile di relazioni; che il pianeta nel suo complesso è un sistema vivente che si autoregola. L’immagine del corpo umano come una macchina, e della mente come entità separata, è stata sostituita da una visione che vede non solo il cervello, ma anche il sistema immunitario, gli organi del corpo, e persino ogni cellula come sistemi viventi e cognitivi. L’evoluzione non è più vista come una lotta competitiva per l’esistenza, ma piuttosto come una danza cooperativa in cui la creatività e l’emergere costante di novità sono le forze trainanti. E con la nuova enfasi su complessità, reti, e schemi di organizzazione, una nuova scienza delle qualità sta lentamente emergendo.
Ed ora entriamo nel vivo del tema di Lido Philo di quest’anno, parliamo di mente e coscienza. Una delle implicazioni filosofiche più importanti della comprensione sistemica della vita è una nuova concezione della mente e della coscienza, che riesce finalmente a superare la divisione cartesiana fra mente e materia. Cartesio, nel Seicento, basò la sua concezione della natura sulla distinzione fondamentale fra due dimensioni separate e indipendenti — quella della mente, la res cogitans, e quella della materia, la res extensa. Sulla scia di Cartesio, gli scienziati e i filosofi hanno continuato a guardare alla mente come un’entità intangibile, non riuscendo poi a immaginare come questa “cosa che pensa” potesse trovarsi in relazione con il corpo. La svolta decisiva della visione sistemica è stata abbandonare la concezione cartesiana della mente come “cosa”, e rendersi conto che la mente e la coscienza invece sono processi. Questa nuova concezione della mente è stata sviluppata negli anni ’60 da Gregory Bateson, che usava il termine “processo mentale”, e indipendentemente da Humberto Maturana che si è concentrato sulla cognizione, il processo della conoscenza. Negli anni ’70 Maturana e Francisco Varela, entrambi dell’Università del Cile a Santiago, hanno ampliato il lavoro iniziale di Maturana portandolo a una vera e propria teoria, nota come la teoria della cognizione di Santiago. Durante gli ultimi trent’anni, lo studio della mente secondo la prospettiva sistemica è fiorito in un ricco campo interdisciplinare, la scienza cognitiva, che va oltre gli orizzonti tradizionali della biologia, psicologia, ed epistemologia… Adesso vorrei passare dalla cognizione alla coscienza. Nella teoria di Santiago, la cognizione è associata a tutti i livelli della vita, ed è quindi un fenomeno ben più ampio di quello della coscienza. La coscienza — ossia l’esperienza vissuta in modo consapevole — emerge a certi livelli di complessità cognitiva, che richiedono un cervello e un sistema nervoso superiore. In altre parole, la coscienza è un tipo particolare di processo cognitivo che emerge quando la cognizione raggiunge a un certo livello di complessità. La caratteristica centrale di questo speciale processo cognitivo e l’esperienza dell’auto-consapevolezza — essere consapevoli non solo del proprio ambiente, ma anche di se stessi”.
Oggi alle 17,30 nella sala conferenze dell’Italian Pavilion l’ultimo incontro del ciclo Lido Philo con il critico d’arte Achille Bonito Oliva che parlerà del Sé nell’arte.
Sarà Microcinema a distribuire nelle sale italiane il film Leone d'Oro 2016, The woman who left, nuovo capolavoro di Lav Diaz. La pellicola, che nonostante il massimo riconoscimento al Lido non aveva ancora distribuzione e che si temeva restasse appannaggio soltanto dei cinefili che l'hanno apprezzata alla 73esima Mostra di Venezia, sarà quindi visibile a tutti, permettendo così agli spettatori del nostro Paese di ammirare per la prima volta un'opera del maestro filippino sul grande schermo
Il film di Denis Villeneuve segnalato dalla giuria di critici e giornalisti come il migliore per l'uso degli effetti speciali. Una menzione è andata a Voyage of Time di Terrence Malick per l'uso del digitale originale e privo di referenti
Il direttore della Mostra commenta i premi della 73ma edizione. In una stagione non felice per il cinema italiano, si conferma la vitalità del documentario con il premio di Orizzonti a Liberami. E sulla durata monstre del Leone d'oro The Woman Who Left: "Vorrà dire che si andrà a cercare il suo pubblico sulle piattaforme tv"
Anche se l’Italia è rimasta a bocca asciutta in termini di premi ‘grossi’, portiamo a casa con soddisfazione il premio Orizzonti a Liberami di Federica Di Giacomo, curiosa indagine antropologica sugli esorcismi nel Sud Italia. Qualcuno ha chiesto al presidente Guédiguian se per caso il fatto di non conoscere l’italiano e non aver colto tutte le sfumature grottesche del film possa aver influenzato il giudizio finale: “Ma io lo parlo l’italiano – risponde il Presidente, in italiano, e poi continua, nella sua lingua – il film è un’allegoria di quello che succede nella nostra società". Mentre su Lav Diaz dice Sam Mendes: "non abbiamo pensato alla distribuzione, solo al film. Speriamo che premiarlo contribuisca a incoraggiare il pubblico"