“Ci sono questi registi italiani di cui ho saputo, due fratelli, Damiano e Fabio D’Innocenzo, che hanno appena fatto un film sui giovani membri delle gang di Roma. Si chiama La terra dell’abbastanza. Parla di due ragazzini che entrano nel giro della droga, il film ha un’atmosfera simile a quella del giovane Scorsese, un po’ Mean Streets”. Lo diceva, in un’intervista a Esquire del 2019, Sam Rockwell, l’attore californiano premio Oscar per Tre manifesti a Ebbing, Missouri. E i due gemelli, che in seguito hanno firmato Favolacce (Orso d’Argento per la Miglior Sceneggiatura al festival di Berlino) e America Latina (presentato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia) hanno spesso dichiarato di essere stati molto influenzati dal cinema di Martin Scorsese. Per celebrare degnamente l’ottantesimo compleanno del regista di Taxi Driver, Toro scatenato e dei più recenti The Wolf of Wall Street e The Irishman, Cinecittà News li ha intervistati a proposito del loro amore per il grande cineasta italoamericano.
Qual è stato il vostro primo incontro con Scorsese, ovvero il suo primo film che avete visto?
È stato con Taxi Driver, che abbiamo visto di nascosto a Natale a 13-14 anni. Ci ha semplicemente folgorati. Il giorno dopo lo abbiamo rivisto, è così i giorni successivi. Non è un film natalizio, ma è stata un’epifania.
Cosa rende quel film così straordinario secondo voi?
La grandezza del film sta nel rendere personale qualcosa che non abbiamo mai vissuto. Tutti, parlando di Taxi Driver, si riferiscono ad esso come a un film personale. Eppure nessuno di noi ha mai combattuto in Vietnam e progettato di uccidere un politico. Questo può farlo solo il grande cinema.
Nei vostri film ci sono tracce dell’influenza di Scorsese: fino a che punto sono inconsce o, al contrario, consapevoli?
Non vediamo tracce di Scorsese nei nostri film. Equivarrebbe al dire che sono dei capolavori. Però un’operazione simile a Re per una notte, Il colore dei soldi o Afterhour è qualcosa che comprendiamo bene. I cosiddetti film minori, che partono sulla carta meno ambiziosi, meno grandi di altri, ma che sono appunto la manifestazione di un atto cinematografico puro e lontano da pianificazioni ‘autoriali’. Sarebbe bello nel futuro poter aver appreso questa lezione.
Vi è mai capitato di incontrarlo in questi anni?
No, non abbiamo mai incontrato Scorsese, ma ci abbiamo provato più di una volta. Realisticamente, senza girarci attorno, gli chiederemmo se ha il tempo per guardare uno dei nostri film.
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