Sofia (Denise Tantucci) è la ribelle della sua famiglia.
Ventottenne e donnaiola, ha lasciato la Calabria, sua terra madre, per trasferirsi a Milano, dove vive con il suo coinquilino Alessandro (Claudio Colica).
Suo fratello Mauro (Cristiano Caccamo) è costantemente in conflitto con lei.
E’ affidabile e amorevole per i suoi, non ha lasciato casa e porta avanti l’azienda di famiglia. Ma Sofia e Mauro hanno in comune anche Michela (Greta Ferro), primo e unico amore della prima e promessa sposa del secondo. Il ritorno di Sofia a casa è destinato a rompere gli equilibri in una serie di situazioni tragicomiche, che porteranno tutti a crescere.
Esce il 21 aprile su Amazon Prime Io e mio fratello di Luca Lucini, produzione 302 Original content, Pepitoproduzioni e Vision Distribution.
Lo presentano alla stampa il regista e il cast, di cui fanno parte anche Teresa Mannino e Nino Frassica.
Dichiara Lucini: “ho apprezzato che fosse una storia di amore di nuova generazione ma senza soffermarsi sul tema dell’omosessualità nello specifico. La generazione dei trentenni è la prima ad aver avuto un sistema di socializzazione diverso da quelle precedenti. Una generazione con molte possibilità e molte scelte davanti. Ora si possono fare molte più cose, giuste o sbagliate, in termini di amore, lavoro e scelte di vita. Si trattava di raccontare un amore contemporaneo con un tratto interessante sulla società”.
“Sono arrivata al film grazie a Luca – commenta Greta Ferro – che ho conosciuto grazie alla serie Made in Italy. Ammiro molto Michela per la capacità di fare scelte che vanno contro le aspettative della famiglia e della società, che presto diventano complesse da gestire per una ragazza giovane come lei. Michela si libera dal peso che hanno i giovani di essere sempre e forzatamente performanti, ma si ritrova invece con un compagno che quel peso lo sente”.
“Lucini è stato il prima a dirmi che potevo recitare – dice Mannino – io mi sento comica più che attrice, ma ovviamente ho detto sì anche senza aver letto la sceneggiatura. Luca è un regista che ride quando lavora e per un comico è il massimo. In più il personaggio è molto divertente, una donna libera, leggera senza essere superficiale, colorata, vivace. E’ vita al 100%. Inoltre venivamo dal Covid e non vedevo l’ora di essere di nuovo insieme a un gruppo, seppur facendo spesso il tampone. Il film lo abbiamo finito due anni e mezzo fa e ancora abbiamo una chat aperta con cui comunichiamo. Per certi versi è anche il tema del film, un’utopia comunitaria. Dobbiamo abituarci a fare le cose insieme, perché è il gruppo che sposta il mondo, anche al di là delle istituzioni”.
Caccamo invece non aveva mai lavorato con Lucini: “sono calabrese, mi faceva piacere lavorare in casa e in dialetto. Mi sono affezionato a tutto il cast”.
Fa seguito Tantucci: “Anche io sono partita per Milano, sentivo vicino il personaggio, e ho amato la storia d’amore su più piani. Chiaramente la trasferta ha aiutato a creare gruppo e a fare squadra. Il mio lavoro è stato affidarmi alla sceneggiatura, al regista e ai colleghi. Lo script aveva la forza e l’assist di dare tempo al personaggio, con tante scene di vita quotidiana che ci permettevano di capire la forza di Sofia, che sta anche nel non fare delle scelte e non doverne rendere conto. Poi il coraggio di tornare in famiglia, l’unico posto in cui si sente giudicata e dove ha conti in sospeso. Mi sono tinta i capelli, ho letteralmente colorato il personaggio per mostrarlo al pubblico”.
Colica invece si dichiara “terrorizzato, all’inizio. E’ il mio primo film e non sapevo cosa fare. Al secondo provino mi chiesero se avevo impegni per l’estate e io in effetti mi dovevo sposare… poi però ho rimandato, per altri motivi. La cosa buffa è che la scena del matrimonio l’abbiamo girata proprio il giorno in cui mi dovevo sposare. In qualche modo era destino”.
I produttori Giuseppe e Agostino Saccà specificano: “ci piaceva lavorare sulla commedia romantica, genere che si è perso, e ci piaceva l’idea di immaginare il nostro pubblico: sono quelli che guardavano Tre metri sopra al cielo e ora hanno l’età dei protagonisti. Ci chiedevamo come si sarebbero rapportati all’amore. Abbiamo un ciclo di film in tv, Purché finisca bene che fa sempre grandissimi ascolti. Volevamo proporre il soggetto per quello, ma è stato scartato. Forse non è stato capito o è stato ritenuto borderline. Così abbiamo deciso di farlo al cinema. Andò così anche per Sei mai stata sulla luna? di Genovese”.
Altra storia d’amore è quella tra Lucini e le location calabresi: “Me ne sono innamorato immediatamente, sono luoghi di grande contrasto e supportavano il viaggio di Denise, che tornava da Milano, dove abito anche io. A livello ottico abbiamo usato lenti anamorfiche per mantenere la forza della natura calabrese, ma io stesso con i miei occhi scoprivo una Calabria diversa da come le racconta di solito il cinema, lontana dalla violenza o dalle storie di malavita. E’ entrata nel film al di là della nostra volontà, non abbiamo svolto alcuna opera di patinatura. E’ anche, non a caso, una storia di imprenditoria etica e riscoperta dei valori dell’ambiente. E’ un argomento importante per i giovani che farà sempre più parte della nostra vita. Nel film lanciamo delle piccole bombe: all’istituzione del matrimonio, per esempio, ma anche al lavoro per il profitto fine a sé stesso. Proiettandosi verso il futuro ci sono soluzioni alternative che possono rivelarsi fruttuose”.
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