Proiezione e conferenza stampa agitate per il terzo film italiano del Concorso, E la chiamano estate di Paolo Franchi, interpretato da Isabella Ferrari, Jean-Marc Barr, Filippo Nigro e Luca Argentero, prodotto da Nicoletta Mantovani per Pavarotti International. In sala alcuni dialoghi sono stati accompagnati da risate e da commenti ad alta voce, come ‘E lo chiamano film’.
L’atmosfera dell’incontro con i giornalisti è stata per alcuni momenti quella di “una fossa da leoni”, come ha rimproverato con tono pacato la produttrice Mantovani. Il regista ha difeso il suo film ricordando che in Italia, impera il gusto televisivo e non c’è per questa ragione “nessuna forma di sperimentazione. Il mio film è una ricerca personale, perché compito della cultura è proporre prodotti e forme diversi. Ben vengano allora esperimenti di ogni genere che rendono l’Italia e la sua cultura un Paese ricco, al di là che i miei film piacciano o meno”.
Il regista Franchi, alla sua terza opera, dopo La spettatrice e Nessuna qualità agli eroi, ha poi aggiunto: “Volevo raccontare l’amore che può essere inteso anche come una condivisione del dolore, come qualcosa di profondo e che può essere considerato fuori dai canoni imposti dalla società, lontano dai baci Perugina”.
Il film racconta il rapporto d’amore senza sesso tra l’anestesista Dino (Jean-Marc Barre) e Anna (Isabella Ferrari). Il 40enne Dino è segnato dalla depressione per la perdita del fratello morto suicida e per la successiva fuga della madre. Ama intensamente Anna, ma è convinto di non meritarsi una donna così bella e appassionata e dunque rifiuta di consumare con lei il rapporto sessuale. La contrapposizione tra sentimento ed eros in Dino è così forte da spingerlo a fare compulsivamente sesso soltanto con coppie di scambisti e prostitute. Dino, nonostante il suo amore dichiarato per Anna, sprofonda sempre più nel vuoto, nell’abisso fino a rivedere i suoi ex fidanzati e chiedere loro di tornare con Anna. Anche lei è invischiata in questa condizione autopunitiva e senza uscita, non vuole rinunciare a questo rapporto tormentato e malato che la fa sentire profondamente amata, unica.
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