Francesco Di Napoli: “Il cinema: un destino, che vorrei mi portasse in America”

Francesco Di Napoli, Premio Prospettiva dallo ShorTS: dall’esordio ne La paranza dei bambini a Romolus, sognando l’America


TRIESTE – Lo ShorTS ti ha conferito il Premio Prospettiva, dedicato ai talenti emergenti: un commento al premio, soprattutto pensando che prima de La paranza dei bambini lavoravi in una pasticceria per cui facevi le consegne, svegliandoti all’alba. E adesso? Il cinema pensi sia la tua strada naturale?

Per me il premio è anzitutto un augurio per il futuro: pensare che fino ad un anno fa ero in pasticceria, e ora sono qui a ricevere questo Premio, magnifico, per me è un’emozione indescrivibile, di cui sono orgoglioso e felice. Credo molto nel destino: penso che se non fossi stato bocciato a scuola, non fossi andato in pasticceria, non mi avrebbero mai trovato per La paranza, anche se in questo momento il destino debbo crearmelo da solo, con le mie mani e con i miei piedi, comunque per me è… destino, era scritto nel mio destino.

Vorresti studiare per fare l’attore?

Non vorrei fare scuola di cinema, che mi migliorerebbe sicuramente, ma secondo me mi toglierebbe la spontaneità, però ci tengo molto a studiare dizione, per l’italiano, ma anche per l’inglese, perché sogno di fare film e serie americane, ma adesso soprattutto l’italiano mi serve per andare avanti, per poter fare più ruoli.

So che ti hanno dovuto ‘convincere’ ad accettare il ruolo ne La paranza dei bambini: come ti hanno convinto? E cosa suggeriresti ad un tuo coetaneo che si dovesse trovare in una situazione medesima?

Suggerirei di non fare il mio errore, perché stavo facendo l’errore di non accettare! Immagina ora come sarei stato vedendo uscire il film senza di me! Voglio consigliare di prendere ogni occasione che viene, ma proprio al volo, al volo, perché il treno passa una sola volta: il mio è passato e l’ho preso, ma ora sono io che lo debbo far camminare. Mi hanno convinto venendo a prendermi tutti i giorni a casa, poi anche mia mamma e la mia famiglia mi hanno spronato, alla fine mi sono anche divertito a fare i provini, è scattato qualcosa.

Per convincerti ho letto che hanno fatto un lavoro sulle tue resistenze psicologiche, sulla ‘vergogna’: di cosa avevi vergogna, di recitare o di recitare quel ruolo?

 Di recitare in generale, perché il primo provino l’ho fatto con un tono troppo serio: poi, presa la confidenza con gli altri ragazzi, è stato un pò più semplice. Un giorno Claudio Giovannesi ha chiamato Eleonora Danco, che mi ha fatto mettere su una sedia e urlare ‘io sono Zeus’ e da lì la vergogna m’è passata per sempre! Come a me, anche agli altri ragazzi, così ci hanno sciolto.

Per recitare il ruolo, ti sei qualche volta appigliato a qualcosa di vita vissuta di quartiere o comunque a ‘racconti di camorra’ che non avevano a che fare con il libro o la sceneggiatura, ma che ti avevano toccato prima di arrivare al ruolo?

Queste situazioni io le vedevo da lontano alla Sanità, il mio quartiere, e come me anche gli altri de La paranza, nati la maggior parte in rioni difficili: Claudio Giovannesi voleva che noi conoscessimo il tema del film, ma senza aver mai provato in prima persona quelle esperienze. Quindi un po’ m’ispiravo a questa gente che osservavo intorno a me per le strade, ma alla fine è stato più qualcosa che ha avuto a che fare con la naturalezza.

Leggendo il libro di Saviano, interpretando il film di Giovannesi, che punto di vista ti sei fatto sulla camorra, che di certo già conoscevi, ma su cosa il film ti ha permesso di riflettere?

Il libro l’ho letto per metà, non sono riuscito ad andare avanti. Secondo me il film parla di camorra ma c’è anche una storia d’amore, dunque non è solo il racconto ‘di guerra’, non è solo il film di denuncia su Napoli, ma va oltre, va dritto nel cuore, nei sentimenti più profondi dei ragazzi, è una cosa che paradossalmente fa diventare tutto più bello; non è la classica storia di camorra, è più profondo il messaggio che si vuole mandare.

Il tuo futuro imminente è Romolus, la serie tv italiana in produzione. Si può ancora dire pochissimo, dunque raccontaci soprattutto come ti sei preparato al ruolo e quali sono le specifiche del set su cui sta girando da qualche settimana.

Un mese prima di iniziare le riprese abbiamo fatto tutti i giorni un duro allenamento: palestra, assalti con le spade, combattimenti e coreografie, oltre l’equitazione. Sul set c’è fango, pioggia, il terreno è melmoso: quando entri in quel bosco, tra Anzio e Nettuno nella realtà, indossando quei costumi, con il sangue e la terra, ti catapulti proprio in un’altra dimensione. Poi, parlando una lingua che nemmeno studi a scuola, è recitato in protolatino: all’inizio avevo un po’ paura, ai miei occhi sembrava complicata, ma masticandola, imparandola tutti i giorni è parsa più famigliare. Non so se c’entri l’essere napolentano, ma mi viene proprio bene la pronuncia!

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06 Luglio 2019

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