Anche la Safra film di Francesca Solinas (e Salvio Formisano) ha in produzione una commedia. Si tratta di A saperlo gli sparavamo prima, diretta da Enrico Caria, nata da una sceneggiatura scritta a quattro mani dallo stesso regista e da Fulvio Ottaviano. È ambientata al Sud, protagonista un vigile urbano di un piccolo paese in cui impera la camorra e, udite, udite!, la boss è una donna.
Francesca Solinas non disdegna di parlare dei suoi progetti. Preferisce chiamarli, per non perdere mai di vista la lunga strada che dall’idea porta alle prime vere fasi di lavorazione del film. Intanto è al lavoro per il primo lungometraggio di Max Croci, una commedia un po’ noir intitolata Bugie, e a un vero e proprio triller La sesta corsa, storia di una rapina avvenuta all’ippodromo romano delle Capannelle.
Entrando nel merito della poca visibilità del nostro cinema, Solinas è convinta che derivi da una scarsa cultura del marketing, “molto arretrata rispetto, per esempio, ai paesi di area anglosassone, nei quali si lavora con molto anticipo a una strategia di comunicazione che interpreti a pieno la giustificazione di mercato. In Italia invece”, prosegue Solinas, “si lavora in modo affrettato e approssimativo. Da quando c’è il fondo di garanzia per la distribuzione non è neanche un problema di soldi. È che vengono proprio spesi male. Ultimamente si fa un gran discutere di questo aspetto, ma in pratica si continua a razzolare male”. A farne le spese per primi sono proprio gli attori italiani, paradossalmente promossi più dal traino dei successi televisivi che da quelli cinematografici.
“È necessario invece uno sforzo propositivo molto forte, da parte di tutti i settori, per far crescere il nostro cinema come veicolo dell’immagine italiana all’estero”, non solo in senso culturale, ma anche industriale. “Inutile continuare a fare film che restano il solito viaggio attorno all’ombelico del regista. Provincialismo e autorialità caratterizzano tutto il cinema europeo, dalla Nouvelle Vague in poi. Ma la caratura dei nostri autori va riletta e reinventata. Vedremo nascere così, magari, una nuova stagione d’oro di talenti”, conclude Solinas, “senza mai dimenticare però che un film resta, sempre, un’opera collettiva”.
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