FIRENZE – L’avevamo visto a Venezia, alle Giornate degli Autori, Presumé Coupable di Vincent Garenq, film potente e devastante sulla vicenda di Alain Marécaux, coivolto suo malgrado nel tragico Affaire d’Outreau, che nei primi anni 2000 scosse l’opinione pubblica francese e mondiale con l’arresto di 12 persone accusate ingiustamente di pedofilia, poi completamente scagionate dopo che aver vissuto anni infernali di carcere. Il caso, che si è concluso con la proclamazione dell’innocenza di queste vittime del sistema e con le scuse di Presidente della Repubblica, primo ministro e Guardasigilli francese, ancora oggi fa molto rumore al di là delle Alpi.
Ora Francesco Ranieri Martinotti, direttore del festival fiorentino di cinema d’oltralpe France Odeon, di cui CinecittàNews è Internet Media Partner, porta il film – senza nascondere una giustificata punta d’orgoglio – all’attenzione del pubblico toscano, che ben risponde riempiendo la sala Odeon che ospita la kermesse. Lo fa in compagnia del delegato generale delle Giornate Giorgio Gosetti, ma soprattutto del diretto interessato Marécaux, che con coraggio affronta l’audience specificando, però, che sarà l’ultima volta che parlerà in pubblico di questa orribile vicenda, già raccolta nel suo libro ‘Cronaca del mio errore giudiziario’, che gli ha distrutto la vita.
“E’ come essere andati in coma – dice – dal 2001 al 2005. Il film si ambienta nel nord della Francia, ma non è questo il suo tema. Racconta invece di come un qualsiasi cittadino può essere preso di mira e portato nel meccanismo infernale che distrugge lui e la sua famiglia”.
Una storia kafkiana, quella di Marécaux, che gli ha lasciato addosso molti segni e la paura costante di riaprire la ferita: “Quando mi hanno detto che volevano trarre un film dalla mia storia – aggiunge – la prima reazione è stata negativa. Temevo che avrebbero trasfigurato il tutto, aggiungendo ulteriore sofferenza. Infine ho capito che anche questo film poteva essere parte di un cammino di ricostruzione. Ho accettato, a condizione di partecipare io stesso alla stesura della sceneggiatura e di poter decidere sul casting. Ho parlato con gli attori. Anche i miei figli, che sono rimasti sconvolti – con Marécaux è stata arrestata anche sua moglie, con accuse analoghe – hanno contribuito. Sono felice di averlo fatto, posso dire che il film abbia restituito l’essenziale di quello che è accaduto. Il cinema ha avuto rispetto della mia persona, al contrario delle istituzioni giudiziarie”.
E nonostante questo Marécaux, che paradossalmente di mestiere fa proprio l’ufficiale giudiziario, nella giustizia continua a crederci, tanto che nel 2007 ha ripreso la sua attività pronunciando il giuramento di rito, con cui si conclude la pellicola.
“Sì, ci credo ancora – dichiara – questo genere di esperienza ti fa cambiare punto di vista su molte cose. Credevo di avere molti amici e invece ne avevo così pochi. E’ così che capisci chi ti vuol bene veramente. La mia famiglia, i miei figli, si sono stretti attorno a me. Non sono un eroe moderno, ho fallito tante volte, ho tentato più volte il suicidio, ho lavorato tanto nella mia vita, forse troppo. Ma vado avanti, lavoro su me stesso. Non sto bene, ma sto meglio”.
Toccante l’applauso in piedi che la sala, commossa, dedica alle sue parole e alla proiezione del film, dove Marécaux è convincentemente interpretato da Philippe Torreton.
La giornata prosegue poi con i più pacati toni della commedia Tous les soleils, interpretata da due italiani, Stefano Accorsi e Neri Marcorè, in linea con il fil rouge di questa edizione che presenta molti film francesi con attori nostrani. Fedele a questo principio è anche il film di chiusura, L’Apollonide – Souvenirs de la maison close, di Bertrand Bonello, con Jasmine Trinca coinvolta in una parabola di ascesa e declino di un bordello parigino, tra la fine del 1800 e gli inizi del ‘900.
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