Foto ricordo per l’Asia


H. Miyazaki, A. LeeAlla fine Marco Müller ci è riuscito: la foto ricordo del Leone d’oro è una storica foto in cui il giapponese Miyazaki abbraccia il taiwanese Ang Lee. Due maestri partiti dall’Asia ma divenuti, ciascuno a suo modo, universali: il primo ha avuto la consacrazione dell’Oscar e un Leone alla carriera, il secondo, che ha studiato in America e lavora a Hollywood, è abbonato a premi prestigiosi, dall’Orso d’oro all’Oscar. Ma pare che debba il Leone veneziano, oltre che al coraggio di mettere in scena l’amore romantico tra due rudi mandriani (scelta subito salutata con gioia da tutte le associazioni gay italiane), a una spaccatura – democraticamente sanata – nella giuria diretta da Dante Ferretti. Incerta tra Ferrara e Clooney, la compagine avrebbe finito per convergere proprio su Brokeback Mountain.

La Sala Grande ha accolto l’annuncio con una venatura di dissenso, perché George Clooney è stato il beniamino di Venezia 62, osannato dalle fans, a cui si concede generosamente firmando autografi e abbondando in mossette, ha dimostrato di essere anche un uomo intelligente, documentato e un sincero democratico. Il suo film è un peana al mestiere, purtroppo in via d’estinzione, del giornalista, un omaggio a quei reporter coraggiosi che seppero denunciare e smascherare gli intrighi dei potenti a proprio rischio e pericolo. Anche sul palco, ritirando l’Osella per la sceneggiatura, George ha usato entrambi gli ingredienti che compongono il suo carisma: parlando un italiano approssimativo che l’ha reso immediatamente adorabile ma anche ricordando che uomini come Murrow, l’anchorman che il suo Goodnight, and good luck rievoca, mettono un limite all’esercizio del potere e dimostrano che le idee sono più importanti delle bombe.
Clooney ha mancato un Leone d’oro praticamente annunciato, ma si è “consolato” con un doppio premio non da poco. Ebbene, non è stato l’unico capolavoro di equilibrismo della giuria che ha saputo bilanciare la Coppa Volpi italianissima a Giovanna Mezzogiorno (finalmente anche Rai Cinema torna a casa soddisfatta) con un Leone speciale al complesso dell’opera di Isabelle Huppert. Certo, Gabrielle non è che l’ennesimo capitolo di una filmografia costellata di prove sorprendenti. Una Coppa Volpi avrebbe aggiunto ben poco, mentre il Leone quasi alla carriera la incorona autrice oltre che attrice.

In più il cinema francese non ha da lamentarsi: Vers le Sud di Laurent Cantet è segnalato dal Premio Mastroianni al giovane haitiano Ménothy Cesar, mentre l’anticonformista Philippe Garrel ha avuto, oltre all’Osella per lo splendido bianco e nero del veterano William Lubtchansky (operatore anche di Godard), il Leone d’argento, che aveva già vinto nel ’91 e che gli ha dato spunto per un elogio del cinema antiaccademico. L’ha premiato un altro indipendente, il giurato Amos Gitai, che l’ultra-indipendente Abel Ferrara aveva salutato, a sua volta, salendo sul palco per ritirare il Premio Speciale della Giuria: “E’ la prima volta che vinco qualcosa, si vede che la ruota gira”, ha detto l’americano che ormai vive a Roma e con Mary ha fatto un film quasi italiano. Multiculturalismo? Per Davide Croff è proprio questa la prova che la Mostra è più viva che mai. Ma nel ribadirlo non ha potuto nascondere una vena di preoccupazione. “Un nuovo Palazzo – ha detto – servirà ad affrontare ogni concorrenza”.

autore
10 Settembre 2005

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