CANNES – Giornata storica, al Festival di Cannes, per la parità di genere con la firma di un protocollo di intesa “Programming Pledge for Parity and Inclusion in Cinema Festivals“, tra i movimenti nati in questi mesi in vari paesi, a seguito dello scandalo che ha travolto Harvey Weinstein, e la direzione del festival più importante del mondo (ma altri seguiranno, come Toronto, Venezia e San Sebastian). Thierry Frémaux, insieme a Paolo Moretti (Quinzaine) e Charles Tesson (Semaine), si è impegnato formalmente alla trasparenza nelle scelte e a combattere il gender gap. Un trio al maschile, come ha sottolineato lo stesso Frémaux in un afflato di autoironia. “Questa è la fine di un ciclo e l’inizio di una nuova era – ha detto il delegato generale – il mondo è cambiato e deve cambiare ancora, dobbiamo mettere in discussione la nostra storia, i numeri parlano chiaro, con solo 82 registe nella selezione ufficiale in settant’anni. La montée des marches di sabato resterà negli annali”.
Una grande folla di donne ma non solo si è data convegno stamane al padiglione del Cnc sulla Croisette per questo incontro tra rappresentanti dei movimenti che si battono per la parità nel mondo dello spettacolo, per il riconoscimento dei diritti economici (gender pay), per un maggior accesso delle donne al sistema produttivo e alle leve di comando oltre che in tutte le professioni del settore. La giornata, promossa dal collettivo francese 50/50×2020 attraverso un tamtam di email e whatsApp, ha visto sul palco Maha Dakhil per l’americano Time’s Up, Audrey Gagneux e Kate Kinninmont di Time’s Up, Sarah Calderon per la spagnola Cima, le nostre Jasmine Trinca e Ginevra Elkann per Dissenso Comune, Memi Koupa per la Greek Women’s Wave e infine Céline Sciamma e Rebecca Zlotowski per la Francia.
Platea molto qualificata con presenze come la presidente del David di Donatello Piera Detassis, Melissa Silvestein di Women and Hollywood e Anna Serner dello Swedish Film Institute che da alcuni anni pratica il criterio del fifty-fifity nel sostegno ai progetti in un paese come la Svezia, assolutamente pionieristico quanto a parità. In sala anche la commissaria europea Marija Gabriel, la ministra francese della Cultura Francoise Nyssen, il presidente del Festival Pierre Lescure, mentre i giurati del concorso sono arrivati a fine mattinata per assistere alla firma del protocollo guidati Cate Blanchett, molto attiva nel movimento, insieme alle colleghe Kristen Stewart, Lea Seydoux e Ava DuVernay. Tra l’altro Cate festeggiava oggi il suo compleanno.
Tra gli interventi quello di Jasmine Trinca, che ha ricordato le tappe della nascita di Dissenso Comune. “Ci siamo rese conto che, nonostante la denuncia di Asia Argento e di altre donne, la stampa e l’opinione pubblica italiana non aveva accettato la parola delle donne. Da noi in Italia vige un sistema maschilista, sappiamo bene che senza una rivoluzione culturale non cambieremo mai. In Italia le donne sono spesso considerate un oggetto, un regalo per gli uomini. Berlusconi ha fatto apertamente qualcosa che molti uomini di potere fanno, in ogni parte del mondo. Da noi avviene sotto la luce del sole quello che voi in Francia o nei paesi anglosassoni avete dovuto portare allo scoperto. Ma adesso bisogna fare attenzione ai meccanismi di difesa che sono già in atto”.
La produttrice Ginevra Elkann ha rincarato la dose: “In Italia viviamo nel paese del bunga bunga, sono considerati comportamenti normali. Siamo un paese molto cattolico e molto maschilista. Dissenso Comune è partito grazie al coraggio di Asia Argento, che però è stata insultata per le sue denunce. Da noi il gender gap è peggiore che altrove, la disparità dei compensi è enorme. Recentemente, grazie all’impegno di Piera Detassis, questo messaggio è arrivato al presidente della Repubblica Mattarella in occasione dei David di Donatello. Il nostro prossimo passo sarà allungare il tempo per denunciare stupri e molestie. Quindi abbiamo chiesto all’Anica di stilare un codice etico nelle produzioni. Siamo partite in 130 adesso siamo 500”.
La rappresentante spagnola Sarah Calderon ha sottolineato, tra le altre cose, come i giornalisti siano in maggioranza uomini: “Le critiche verso i film diretti dalle donne, che sono comunque una minoranza, sono particolarmente aggressive, spesso viene usato un linguaggio violento”. Céline Sciamma ha anche sottolineato come la parità riguardi tutti, uomini e donne. “E’ una questione di uguaglianza. Non si tratta di dare il potere alle donne ma di creare una società ugualitaria. Tua madre, tua moglie, tua sorella, tua figlia possono essere coinvolte, quindi dico agli uomini unitevi a noi”.
A chi ha fatto notare come Thierry Frémaux sia parte del problema per avere sempre sostenuto che i film delle donne non erano abbastanza belli e validi per essere selezionati, Rebecca Zlotowski ha risposto: “Quando qualcuno aderisce alla tua lotta, è una vittoria. Noi vogliamo unire, non dividere. Siamo ben liete che Thierry Frémaux sia un nostro sostenitore. Ha accettato il protocollo e ha permesso la montée des marches delle donne. Non è parte del problema, ma parte della soluzione”.
Il protocollo prevede tre punti: 1) saranno disponibili statistiche e dati sulla selezione dei film; 2) sarà garantita la trasparenza dei criteri di selezione; 3) ci sarà parità di genere nel consiglio d’amministrazione e negli organi decisionali. La ministra della Cultura francese Francoise Nyssen ha annunciato una conferenza sulla gender equality che si svolgerà a fine giugno a Parigi. “Il festival può aprire la porta al progresso delle donne non solo nel cinema ma in molti altri settori industriali – ha detto la ministra – non cediamo alla tentazione di tornare indietro, dobbiamo farlo per le nostre figlie e le nostre nipoti. Abbiamo una grande responsabilità”.
Nel team dei selezionatori troviamo l'italiano Paolo Bertolin, già attivo come consulente della Mostra di Venezia, insieme a Anne Delseth, Claire Diao, Valentina Novati e Morgan Pokée.
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