Ferzan Ozpetek: “La mia prima immagine di Roma? La sua luce!”

La masterclass con gli studenti di Alice nella città. Al regista turco va il Premio Via Condotti, assegnato “a chi, non romano, ama Roma e ne è riamato”


“Questo riconoscimento è assegnato ‘a chi, non romano, ama Roma e ne è riamato’, quindi nessuno poteva incarnarlo meglio di Ferzan Ozpetek”.

È Fabia Bettini, direttrice artistica di Alice nella Città, a introdurre l’incontro con il regista turco in una sala Sinopoli gremita di ragazzi, l’ennesimo omaggio reso dalla manifestazione ai grandi maestri del cinema italiano e internazionale. E a lei spetta anche il compito di ricordare Gianni Battistoni, il presidente della storica Associazione Via Condotti che istituì il premio omonimo nel 1977, scomparso lo scorso 17 ottobre. “Quando ho proposto a Gianni di assegnare il Premio Via Condotti a Ferzan Ozpetek mi ha detto ‘è perfetto!’

A condurre la masterclass invece è Piera Detassis, presidente e Direttrice Artistica dell’Accademia del Cinema Italiano – David di Donatello, che apre le danze squadernando uno ad uno i film più iconici del regista, a partire da Il bagno turco, del 1997: “Molti di questi titoli sono divenuti in qualche modo proverbiali, in quanto rappresentano uno stato d’animo del pubblico e anche del Paese”, afferma la critica, che invita i giovani presenti a vederli, assolutamente”.

Le fate ignoranti? Quel film non ha cambiato solo la mia vita, ma anche quella di tante persone, ed è una cosa che mi fa molto piacere!” Ferzan Ozpetek scatena subito una sonora risata nel pubblico, in gran parte composto da giovani studentesse e studenti di cinema. Ha cambiato perfino la vita del mio avvocato”, continua ridendo di gusto: non riusciva proprio a tirar fuori che era gay, quindi pensò di far vedere il film a sua madre, e mentre lei usciva raggiante dalla sala, le ha detto ‘mamma, sono gay!, così lei la prese benissimo! (…) Pensate che la distribuzione del film e i miei amici dicevano ‘con questo titolo il film non farà una lira’, poi invece venne selezionato a Berlino, dove il pubblico lo accolse in delirio, ma i miei amici insistevano: ‘certo che piace, qui sono tutti gay! (…) Il film in Italia uscì in sole 50 copie, ma dopo due settimane le file davanti alle sale erano interminabili, e le copie divennero 300. Ed erano tutte famiglie, dovetti levare il mio nome dal citofono e dall’elenco telefonico, perché la sera trovavo una segreteria telefonica piena zeppa di messaggi, meravigliosi, di persone che non conoscevo: persino il pizzaiolo dicendo ‘le ho portato dieci pizze in regalo!’”

“La stessa distribuzione rifiutò La finestra di fronte, perché nessuno sarebbe andato a vedere la storia di un anziano omosessuale ebreo con una disgraziata che lavorava in una fabbrica di polli! Il titolo definitivo lo devo a Bernardo Bertolucci, perché inizialmente era al plurale, ‘Le finestre di fronte’ e invece lui mi disse no, fai ‘la’ finestra, proprio ‘quella’ finestra! (…) Poi feci vedere il premontato a Nanni Moretti, che mi disse ‘guarda è un bellissimo film, ma non farà una lira’ (ride). Fu un successone enorme, quasi mondiale, non andò all’Oscar solo perché il mio nome e cognome così strano in quel periodo lì in Italia non andava molto… e chissà, ora sarà sempre peggio (sorride). La delusione arrivò con Cuore Sacro: fu un disastro vero, mentre oggi è un film amatissimo, e io sono comunque felicissimo di averlo fatto, come tutti i miei film”.

Dopo la prima carrellata sui titoli più amati, Ozpetek continua, come un fiume in piena: “Ma posso dirvi una cosa, ragazzi? I festival, o gli Oscar, non possono mai sostituire quel pubblico che vede il tuo film per tante e tante volte perché lo ama: il mio Oscar è Simone (il compagno del regista, ndr) e poi sono gli spettatori, io è per loro che vivo. La cosa più importante è il rapporto con il pubblico. Anche quando giro le singole scene del film mi viene sempre in mente quel tipo di spettatore che non conosco e mi dico “gli piacerà”, oppure mi commuovo e si commuoverà anche lui. Ho un rapporto davvero molto forte con gli spettatori”.

La prima immagine che ho avuto di Roma, quando sono arrivato, nel 1974 – ed è la stessa cosa che mi accade a Istanbul – è la luce. Perché io seguo la luce, per me è la cosa più importante: se hai una persona stupenda e la metti con la luce brutta, viene brutta. (…) Quando io ho scelto di venire a Roma mio padre mi ha detto ‘sei matto? La lingua non ti servirà a niente, sono come noi, vai almeno in America! Solo le mie zie mi dissero ‘Ferzan, fai benissimo ad andare in Italia, ci sono gli uomini più belli del mondo!’”

“La mia vita a Roma allora, all’inizio? Stavo benissimo, ero affascinato dall’arte, dalle chiese, ero molto serio… di giorno!”, racconta ancora Ozpetek provocando ancora tante risate tra i ragazzi. “Mi sono iscritto all’accademia di Costume e Moda, poi alla Silvio D’Amico, volevo entrare al Centro Sperimentale. Rifiutai un lavoro di traduttore all’ambasciata offerto da mio padre, tagliando così i ponti con lui: preferii andare a bottega da un corniciao, dove dipingevo anche, e nel frattempo facevo l’Università, quell’anno feci sette esami. E facevo anche le interviste ai registi: a Elio Petri, Bertolucci, e alla fine delle interviste gli chiedevo se mi prendevano come assistente alla regia! (..) Poi mi presi un mio spazio per dipingere, vendevo i miei quadri alle signore che venivano a farsi le cornici… Ne Le fate ignoranti ad esempio c’è un mio quadro. Riuscivo a rendere molto bene le espressioni delle persone”.

“Proprio in quel periodo mi arrivò un messaggio da Massimo Troisi”, continua appassionato Ozpetek, “che mi chiedeva se volevo andare a fare l’assistente volontario alla De Paolis: ho lasciato tutto, ci sono andato di corsa. Il mio intero quartiere, Ostiense, dove abitavo, era in festa, erano tutti emozionati per me (…) Il primo e il secondo giorno non andò benissimo, mi facevano portare il tè a Massimo e poco più, fu una grande delusione. Ma dopo poco già iniziava la grande passione, mi davano i primi compiti, mi facevano accendere e spegnere le luci, per me era una grande emozione. Poi mi incaricarono di far studiare alcune battute a un signore anziano che non aveva molta memoria, la presi molto sul serio, lo facevo ripetere… ma alla fine, al momento del ciak, fece scena muta, scusandosi con me… e Massimo scoppiò a ridere! … Ma in quel periodo iniziava la mia carriera, da assistente e poi aiuto regista”.

“Per sedici anni ho fatto l’aiuto regista. Non è facile, perché ogni anno da aiuto è un anno che ti allontana dalla tua regia. Devo ringraziare molto Marco Risi, perché quando ho fatto un film con lui, mentre gli dicevo ‘ma se facessimo così e così…’, lui davanti a tutti lui un giorno disse: ‘Ferzan, tu devi fare il regista!’, devi debuttare. Hai una cosa tua?’ E io gli portai Il bagno Turco”.

“Chi di voi vuole fare il regista?” chiede infine Ozpetek ai ragazzi, che in tanti alzano le mani. “Non vi buttate mai e poi mai giù, se ci sono riuscito io riuscirete anche voi!” Perché sì, è vero, bisogna nutrire molto la passione, perché facendo tanti anni l’assistente sembra spegnersi, ma se è forte resta. Poi certo ci vuole il talento, avere quello sguardo, ma ci vuole assolutamente anche quella cosa con la c che si chiama culo! La fortuna per me è stata importantissima, le persone che ho conosciuto nella mia vita, le coincidenze che sono successe… Per Il bagno turco, che non era stato voluto dal Festival di Venezia, né da Berlino… quando arrivò la telefonata con la notizia che fu preso alla Quinzaine di Cannes, lì la mia vita è cambiata davvero: uscì una critica bellissima di Goffedo Fofi, intitolata Una luce sul Bosforo… quella luce per lui ero io”.

 

Alice nella città, in collaborazione con la Fondazione Musica per Roma, ha accolto l’idea di riavviare e riprendere il Premio Via Condotti per segnalare le eccellenze che promuovono Roma nel mondo, attribuito in passato a personalità come Eduardo De Filippo, Federico Fellini, Renato Guttuso, Luchino Visconti, Giovanni Paolo II, il re di Spagna, il Presidente della Repubblica Ciampi, Rita Levi-Montalcini, Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo, Nilde Iotti, Audrey Hepburn, Michele Placido, Fiorello, Mariangela Melato e Giuseppe Tornatore.

 

 

autore
22 Ottobre 2024

Roma 2024

Roma 2024

‘Ciao Bambino’, Eros e Thanatos al Rione Traiano

La coraggiosa opera prima del regista napoletano Edgardo Pistone in anteprima nella sezione Freestyle della Festa del Cinema di Roma

Roma 2024

Red Carpet… e dintorni

Solca con noi il red carpet della Festa del Cinema grazie alle foto esclusive dei protagonisti più attesi della kermesse

Roma 2024

Maestrelli, il maestro del calcio resistente e colorato

Gli autori Cordio e Manni, insieme a Massimo Maestrelli, il figlio dello storico Mister della Lazio, parlano del docufilm coprodotto da Luce Cinecittà: Maestro - Il calcio a colori di Tommaso Maestrelli. La dedica di Claudio Lotito

play
Roma 2024

Dal red carpet di ‘Hey Joe’

Intervista a Claudio Giovannesi, Francesco Di Napoli e James Franco dal tappeto rosso della Festa del Cinema di Roma 19


Ultimi aggiornamenti