“Penso che il cinismo portato all’estremo da questo personaggio sia rappresentativo: nei confronti della disabilità penso il cinismo sia mascherato da iper correttismo e una cosa che questo film fa è chiamare le cose con il nome che è giusto dargli. Ho imparato che la disabilità è uno specchio, rappresenta le paure personali. Il film, con grande garbo, parla della capacità che abbiamo di guardare al di là di quello che siamo noi”, dice Pierfrancesco Favino, protagonista maschile di Corro da te.
Un cliché. Quello del 49enne – guai a dire 50enne! -, rampante, affascinante, Casanova impenitente, ovvero Gianni, un vivace e ammaliante Favino, titolare di un’azienda che produce calzature sportive, accessorio che porta con sé il mito della performance, della salute, del corpo, che lui stesso incarna e declina, giocando a usare un’infilata di identità fittizie, con lo scopo unico e primario di portarsi a letto belle e giovani fanciulle. Gianni si fa narratore compiaciuto delle sue conquiste con i compagni del circolo, che, meno sfrontati, quando non anche sposati, in fondo lo ammirano: tra loro, l’amico prediletto, e medico personale, il realista Dario, Pietro Sermonti.
Con quest’ultimo, l’altro lato della “coscienza” di Gianni è Luciana, che lui, manager dai facili inglesismi a tutti i costi, chiama “Lucy”, la sua assistente personale, una Vanessa Scalera sempre volitiva e versatile, personaggio complice quanto glabro da peli sulla lingua.
“C’è un Gianni in ognuno di noi!”, aggiunge Favino, per cui nell’interpretazione del ruolo, “Sicuramente c’è una coscienza, anche inconsapevole, dei grandi guasconi (da Sordi a Tognazzi, ndr): io ho amato moltissimo i difetti del mio personaggio e credo sia un film liberatorio – ribadisce – anche per il poter chiamare le cose con il loro nome”.
Adattato dal francese Tout le monde debout, Corro da te diretto da Riccardo Milani è una commedia romantica – che raggiunge il suo apice di romanticismo nella scena della cena a due tra Favino e Miriam Leone, Chiara, l’altra protagonista, quando la tavola a lume di candela scende e si immerge, e loro con essa, dentro la piscina fin’ora nascosta sotto il parquet della casa dell’uomo, suggestiva e simbolica sequenza del film.
“Non mi sono posto parametri, e non faccio mai pace con ‘pietismo’ e ‘buonismo’: penso che questo film cerchi di raccontare un’umanità che fa finta non ce ne sia un’altra. Penso sempre che in questo Paese ci sia una possibilità: ho cercato una credibilità di messinscena, con l’aiuto dei ragazzi disabili (che hanno collaborato alla realizzazione, ndr), che hanno avuto sempre una feroce ironia su se stessi, cosa a noi servita per abbattere qualsiasi muro. Tutti elementi, questi, che ci hanno fatto da viatico per procedere sereni e con onestà. Cerco sempre di raccontare un pochino i lati peggiori del Paese, con la sopita speranza che in quelli che Gianni rappresenta ci sia una sacca di positività, cui il personaggio di Miriam riesce a far fare ‘un giro’ significativo”, spiega Milani.
Ma chi è Chiara? Chiara è una violinista di professione, capace tennista per passione, sorella dell’avvenente Alessia (Pilar Fogliati), vicina di casa della defunta madre di Gianni che, per un equivoco, si rende intraprendente nel far conoscere la musicista di casa e il presunto dirimpettaio, credendo che possano avere molto in comune: Chiara siede su una sedia a rotelle a seguito di un incidente d’auto, e anche Gianni sedeva su una medesima, per pura momentanea casualità, dettaglio oscuro alla compagna di pianerottolo.
“Si ha spesso la leggerezza di pensare che la commedia si faccia ‘con la mano sinistra’, ma Riccardo ci ha tenuti invece per mano, facendoci attraversare le cose per quello che sono. Questo mestiere ti dà la possibilità di indagare l’altro e scoprire che l’altro siamo noi. C’è il grande equivoco nella società, da secoli, di pensare che la forza sia rappresentata dall’aggressività, mentre Chiara rappresenta la forza nell’amore, nel non far notare a Gianni quello che sa di lui, perché amore è abbracciare l’altro. Per raccontare la verità devi davvero metterti nei panni dell’altro e la dolcezza del mio personaggio è luce, perché lei ha attraversato le sue tenebre”, spiega Leone.
“È un film che parla di tolleranza, di persone che scavalcano i propri limiti grazie all’altro”, per Favino, per cui “La vicinanza delle associazioni (di persone portatrici di disabilità, nrd) ci ha dato la licenza di poter parlare liberamente”.
Nel “passo a due” che coinvolge Chiara e Gianni, tra le figure cardine complementari, anche la nonna di lei, Piera degli Esposti, un personaggio non presente nella versione originale del film, voluto da Milani stesso, che ha coscritto la sceneggiatura con Furio Andreotti e Giulia Calenda. “Sono andato da Furio e Giulia e abbiamo aggiunto questa nonna cinica e consapevole, come era anche un po’ Piera nella vita. L’ultimo giorno sul set, nella scena del ballo, do ‘motore’ e lei comincia a ballare, con una forza che non aveva, ma che ha trovato”, ricorda il regista, cui seguono le parole di Favino, che con l’attrice ha lavorato in due occasioni: “Quando eri sul set con lei non rischiavi mai di dire una cosa sbagliata perché era di una spietata leggerezza, bastava guardarla negli occhi per essere ‘in parte’. Io ho ammirazione per chi riesce a essere profondamente se stesso facendo questo mestiere. Era come ballare con qualcuno che sa ballare molto bene, ti ‘portava’ sempre lei”.
Per Mario Gianini, produttore per Wildeside: “In Italia si trovano poche commedie romantiche, e io credo molto nella cifra romantica, cosa difficile da trovare”. Il film esce in sala dal 17 marzo e Massimiliano Orfei di Vision Distribution spiega: “Usciamo in 500 cinema. Corro da te è una delle colonne del nostro listino, doveva uscire tempo fa e abbiamo cercato di tenerlo per portarlo in sala, abbiamo grandissime ambizioni sull’uscita”.
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