Se potessi rivivere il giorno più̀ bello della tua vita, quale sceglieresti? Il 16 maggio del 1974, risponde senza esitazione Victor (Daniel Auteuil), sessantenne nostalgico protagonista di La Belle Époque di Nicolas Bedos, infastidito dalla modernità e insoddisfatto dall’attuale relazione con la moglie, che chiede di rivivere il momento, quaranta anni prima, in cui conobbe il grande amore della sua vita. Nel film – che arriva nelle sale dal 7 novembre con I Wonder Pictures, dopo essere stato alla Festa del Cinema di Roma e Fuori Concorso a Cannes – il ritorno al passato non è frutto di strane creazioni tecnologiche, ma è un viaggio nel tempo organizzato da un brillante imprenditore, Antoine (Guillaume Canet),che usa scenografie, comparse e qualche trucco di scena, per organizzare perfette rievocazioni storiche in grado di realizzare i desideri dei suoi facoltosi clienti e farli tornare nell’epoca da loro scelta.
“Non c’entra la tecnologia, come in altre belle pellicole anglosassoni, e non è nemmeno un film alla The Truman Show – sottolinea il regista – Volevo mostrare il potere che hanno dei costumi e dei fondali nel mostrare una società che poteva esistere, ma desideravo fosse chiaro che la scenografia è una brutta copia della realtà messa a disposizione, perciò il protagonista a un certo punto vede le comparse e quello che c’è dietro alla ricostruzione. Sono i sentimenti che gli permettono di crederci”.
Il film è un monumento alla nostalgia, una commedia a tratti malinconica ma sicuramente brillante e raffinata, dai dialoghi serrati. Uno sguardo al passato che fa immediatamente pensare a La Recherche di Proust: “L’approccio proustiano non mi è estraneo”, conferma Nicolas Bedos raccontando che fin da piccolo passava il tempo a ricordare il passato. “Attraverso quello che faccio, libri teatro film, incoraggio chi mi è vicino a non trascurare la propria memoria. Siamo in un’epoca che ci porta ad andare a tutta velocita, a sostituire una foto con un un’altra, un amore con un altro. Contro questi tempi un po’ veloci e folli faccio film che dicono che la nostra vita è una meravigliosa scatola dei ricordi che abbiamo tutto il diritto di guadare e assemblare, come una meravigliosa opera intima”.
Nel film la straordinaria Fanny Ardant interpreta il ruolo della moglie di Victor, una donna a tratti crudele che, rispetto al marito, ha un approccio del tutto opposto col presente digitale, tanto che prima di addormentarsi fa un giro nella realtà virtuale indossando un caschetto per la realtà virtuale. “Un miscuglio di forza e fragilità”, la definisce l’attrice che oggi è anche protagonista di uno degli incontri ravvicinati con il pubblico alla Festa. “Non vuole rassegnarsi alla fine di un grande amore e, invece di gettare la spugna, è crudele e scuote il marito. Non si rende conto del rischio che corre, fino alla fine quello che cerca è l’amore. La sua crudeltà non è gratuita ma finalizzata a svegliare l’uomo della sua vita”. Un personaggio dalle diverse sfaccettature e contraddizioni che lo rendono interessante e ricco, come conferma l’attrice: “La ricchezza di un personaggio è la sua contraddizione, un elemento che in questo personaggio era presente sin dalla sceneggiatura. In lei violenza, furore e crudeltà vanno sempre di pari passo con la paura di perdere l’amore”.
Rispetto al rapporto con il passato, l’attrice conferma di apprezzare e coltivare ilsentimento della nostalgia nella sua vita: “Sono come i matti che non dimenticano mai niente. Conservo tutte le cose che ho vissuto, felici e infelici, e anche se mi dicono che non è bello guardare indietro, vivo continuamente in rapporto con il passato, che considero come un gemello del presente”.
Interrogata poi, sull’esperienza di set che le piacerebbe rivivere, rivela: “Il mio primo film, La signora della porta accanto, in cui tutto era perfetto: era un grande parte, un grande film un grande amore. Tutto perfetto come in un allineamento di pianeti”.
Ardant ha poi incontrato il pubblico in un incontro ravvicinato, dove ha avuto modo, tra una clip e l’altra, di parlare del suo rapporto con il cinema italiano, naturalmente anche con Truffaut e della sua passione per la musica e il cinema.
“Non sono esperta di cinema – ha detto – ne sono innamorata. Vado nella sala buia come i cani vanno nella foresta. Non sono in grado di fare parallelismi. Anche se ad esempio mi piace Scorsese e ne riconosco i temi principali. Ho interpretato due volte Maria Callas, sia a teatro con Polanski che al cinema con Zeffirelli, da bambina avevo un disco, che era stato regalato a tutta la famiglia per Natale, era la ‘Carmen’ cantata dalla Callas. L’ho amata e studiata in ogni respiro. Ma amo anche moltissimo la musica popolare, Mina, Dalida e Tenco. Amo quando qualcuno in pochi minuti, tramite musica e parole, ti racconta una storia”.
E nominando Zeffirelli, si commuove sinceramente scatendando l’applauso della sala.
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