VENEZIA – L’apocalisse causata dal surriscaldamento climatico sarà molto meno spettacolare di quello che si può immaginare, ma non meno tragica. Ce lo mostra nitidamente Thomas Vinterberg con Famiglie come la nostra, miniserie presentata Fuori concorso a Venezia 81 che mette in scena la crisi politica peggiore che si possa immaginare: la fine di una nazione.
Siamo in Danimarca, in un futuro così prossimo da essere perfettamente (e spaventosamente) sovrapponibile al presente. Mentre in Europa altri stati nazionali come i Paesi Bassi sono andati in bancarotta per opporsi il più possibile all’inevitabile innalzamento del livello del mare, il governo danese opta per la scelta più drastica, evacuare il Paese, “chiudendo” di fatto la nazione e cancellandola definitivamente dal contesto geopolitico mondiale. Un’occorrenza apocalittica che si manifesta nel tempo di una conferenza stampa e che ha conseguenze inimmaginabili: economiche, con ogni terreno e costruzione sul territorio che vede azzerarsi il suo valore e le banche che non hanno liquidità da ridistribuire; culturali, con la lingua e la tradizione danese destinata ad estinguersi nel giro di una generazione; e sociali, con la popolazione che smette di lavorare e inizia a ribellarsi.
Nel giro di poche settimane, tutti i cittadini sono costretti a disperdersi nel resto del continente, chi può permetterselo andrà nei paesi più ricchi e si ricostruirà una vita, i poveri saranno costretti ad affidarsi a un macchinoso e inefficiente sistema di trasferimento governativo. In questo contesto c’è la diciottenne Laura e la sua famiglia. Nonostante sia particolarmente benestante e abbia anche uno zio nelle alte sfere governative, Laura si troverà alle prese con tutte le difficoltà del caso, soprattutto per evitare alla madre un destino di isolamento e indigenza, e per inseguire un impossibile amore adolescenziale.
Nei sette episodi di Famiglie come la nostra, Vinterberg – regista celebre per film come Il sospetto, Kursk e il premiatissimo Un altro giro – ci mostra cosa accadrebbe se ad essere costretti alla migrazione fossero i paesi del primo mondo, permettendoci così una drastica immedesimazione nei protagonisti. Uomini e donne di tutte le età che si trovano improvvisamente privati delle loro case, dei loro mestieri, della loro cultura, delle loro intere vite. Profughi in un’Europa dove i confini sembrano sempre più invalicabili e il senso di comunità sembra perso per sempre.
“Families Like Ours immagina una situazione in cui noi, cittadini di una parte del mondo ricca e civilizzata, siamo costretti ad abbandonare il nostro paese e tutto ciò a cui teniamo. – dichiara il regista – Una situazione in cui i nostri legami finanziari e culturali e tutto ciò che consideravamo normale cessano di esistere, originando un’analisi della vita umana, in particolare per coloro che dai tempi della seconda guerra mondiale non hanno mai avuto esperienza diretta della condizione di profugo. Families Like Ours è pensato come un’epica saga familiare ispirata alle grandi storie europee di emigrazione, con un’eco delle canzoni e dei racconti malinconici di un tempo, quando parti d’Europa emigrarono in America. – continua Vinterberg – Nel peggiore dei casi, uno sguardo sul futuro. Nel migliore, un’espressione delle nostre comuni paure e un riflesso di quello che tutti vorremmo poter conservare”. La famiglia di Laura, nella sua complessità, diventa così uno specchio di tutte le altre. Un modo per guardarci intorno, nei nostri legami affettivi e familiari, e soprattutto per guardarci dentro, alla scoperta di ciò che conta davvero.
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