False verità


Ve lo immaginate il romantico Mister Darcy che si trasforma in un individuo poco raccomandabile? Il buon padre di famiglia di Nanny McPhee disposto a tutto per il benessere dei suoi marmocchi che improvvisamente si mette a sniffare cocaina e partecipa a un’orgia? Succede a Colin Firth, che nel thriller di Atom Egoyan False verità , in sala dal 14 aprile con Fandango, cambia completamente pelle calandosi in una torbida vicenda che scivola dagli anni ’50 ad oggi, con una coppia di cabarettisti applauditi nel Telethon ma capaci, dietro le quinte, di qualsiasi perversione, fino a provocare la morte di una ragazza.

Molti anni dopo una giovanissima giornalista piuttosto ambiziosa indaga su quella vicenda. Il film è ispirato a un libro di Rupert Holmes (in Italia lo pubblicherà Fandango libri): che conosce bene l’ambiente dello show business essendo stato una star del pop e che ha ritagliato i due protagonisti sulla litigiosa coppia comica Jerry Lewis-Dean Martin. Ma l’armeno canadese Egoyan ha piegato la trama ai temi di sempre del suo cinema. “Mi interessa soprattutto l’aspetto dell’innocenza e i tentativi di corromperla, argomento che ho affrontato con Il dolce domani o Il viaggio di Felicia. Ma volevo anche svelare la doppia faccia della celebrità, che ci affascina, specialmente da ragazzini e adolescenti, eppure cova tante ombre. Più che a Dean Martin ho guardato a Lenny Bruce, per la sua ironia corrosiva e la capacità di stuzzicare il conformismo dell’America”.

L’America l’ha ripagato con una quasi totale emarginazione. “Abbiamo cercato di far mitigare il divieto, ma non c’è stato niente da fare: quella X equivale alla morte commerciale di un film”, ha spiegato ancora Egoyan. Mentre in Italia la Fandango sta ancora attendendo il verdetto del ministero ma si teme un divieto ai 14.

Colin Firth, in un italiano fiorito di sostantivi ricercati come “birbone”, descrive il suo personaggio come uno che bluffa su tutta la linea, magari anche con se stesso. “Non sa come comportarsi, non capisce quello che fa e non sa neppure chi è. È un inglese trapiantato in America, un paese dove è facile reinventarsi e giocare al gentleman anche se non lo sei. Anzi, lui più che un gentleman è un animale”. Si riferisce alle scene di sesso piuttosto esplicite. Che, dice, non l’hanno sconvolto più di tanto. “All’inizio è imbarazzante, arrivi al lavoro, saluti tutti, ti lamenti del traffico e poi ti spogli nudo… ma dopo dieci minuti non ci pensi già più. E’ più difficile quando devi fingere di picchiare qualcuno a sangue oppure piangere lacrime isteriche, quelle sono le scene che lasciano davvero il segno”. Prossimamente Firth sarà un centurione invecchiato nel kolossal L’ultima legione, dal romanzo di Valerio Massimo Manfredi sul declino dell’Impero Romano, una coproduzione tra Dino De Laurentiis, Tarak Ben Ammar e la Miramax. “Ho scoperto di essere ancora un bambino non appena ho messo piede a cavallo con in mano uno spadone”, confessa. Nessuna notizia invece di Toyer, un vecchio progetto con Brian De Palma in piedi da più di tre anni. “Se ne riparlerà dopo Black Dahlia, Brian è un regista che ama pianificare le cose con molto anticipo”.

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07 Aprile 2006

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