Faenza e i ragazzi di don Puglisi

Il brano di Roberto Faenza è tratto dalla prefazione del regista al libro “Alla luce del sole” (15,00 €), a cura di Antonella Montesi e Luca Pallanch, pubblicato da Gremese editore, nella collana “Un film di…” diretta da Giacomo Gambetti.
Il volume si compone della sceneggiatura del film, preceduta dalle testimonianze del regista Roberto Faenza e di Luca Zingaretti, interprete principale di “Alla luce del sole”. Seguono i contributi di: Francesco Deliziosi giornalista e capocronista del “Giornale di Sicilia”, Luigi Patronaggio magistrato e artefice della cattura dei killer di don Puglisi, Vincenzo Consolo scrittore, don Francesco Michele Stabile docente di Storia della Chiesa alla Facoltà teologica di Sicilia e parroco nella comunità San Giovanni Bosco di Bagheria a Palermo e Antonio Garau parroco a Palermo della comunità Maria Santissima del Carmelo ai Decollati, limitrofa al quartiere Brancaccio.

Chi era don Giuseppe Puglisi, per gli amici “3P”? Un uomo vero fra tanti eroi di cartapesta (…)
Dieci anni di ricerche, di letture, di ascolto di testimonianze, mi hanno portato a immaginare un uomo lieve, anche se impegnato in una situazione drammatica, un sacerdote capace di reagire con ironia e semplicità alle difficoltà che era chiamato ad affrontare.
Mi sono convinto che ricordarlo solo per la sua tragica fine avrebbe costituito un torto alla sua memoria e al suo sacrificio. Non rimaneva che la strada di raccontare uno dei suoi sogni più grandi. Così come Sabina Spielrein nel suo ruolo di educatrice cercò, nella Russia autoritaria di Lenin prima e degli invasori nazisti poi, di far crescere i bambini in libertà, senza confinarli nei pregiudizi, don Puglisi ebbe l’intuizione trascinante e attuale che per opporsi al degrado mafioso, al terrore dell’omertà c’è un solo modo: cominciare dai piccoli.
A loro che, senza potersi difendere, subiscono la più atroce delle violenze, la negazione dell’infanzia, “3P” dedicò la sua vita. Educava le nuove generazioni alla solidarietà, alla tolleranza, ai valori dell’esistenza, per renderle libere dalla cultura della violenza, che è ovunque, non solo al Brancaccio. Quando espose ai suoi superiori il suo progetto, si sentì dire “Ma questo è un sogno!”. E lui, citando Jung, rispose prontamente: “Ma i sogni colorano il buio”.
Questo sogno, purtroppo, si è ormai interrotto. Dieci anni fa c’era nel Paese e a Palermo in particolare un movimento di riscatto, adesso i ragazzi dei quartieri disastrati della città si sentono protetti da una mafia “silente”, che non ha più bisogno di uccidere e proprio per questo è diventata ancora più pericolosa. Insieme al film abbiamo girato un documentario su questi ragazzi. Li abbiamo intervistati e le loro risposte sono state agghiaccianti: Falcone e Borsellino, che hanno arrestato i loro padri e congiunti, sono dei delinquenti; le persone per bene sono invece quelle come Totò Riina, che danno lavoro.
Per questo ho voluto girare la sequenza dei ragazzini in motorino che festeggiano l’uccisione di Falcone scrivendo sul muro di fronte alla chiesa “W la mafia”. E’ una scena molto forte, che colpisce allo stomaco, ma è in questo ambiente che don Puglisi ha operato ed è lì che il suo messaggio ha avuto la forza di penetrare: dove le radici mafiose sono più forti, al cuore della famiglia (…)
Per girare il film abbiamo scelto, dopo lunghi mesi di ricerche, 120 bambini, fra i 3 e i 12 anni, moltissimi con situazioni drammatiche alle spalle: chi era costretto a lavorare, chi aveva il padre in galera. Vivendo con loro, ho capito il senso del lavoro di don Puglisi e il vero significato dell’educazione: ascoltare, osservare, partecipare, senza la pretesa di insegnare alcunché, perché lavorando con i bambini di “3P” c’è solo da imparare. Non esagero se dico che mi hanno cambiato la vita (…)