Mofe e Rosa vivono a Lagos, in Nigeria. Lui lavora in fabbrica, aggiusta generatori, lei fa la parrucchiera e insieme progettano di emigrare all’estero per trovare una vita migliore. Lui in Spagna ha già un nuovo nome, “Sanchez”. Ma un tragico incidente domestico – causato proprio dal corto di un generatore – uccide la sorella e i nipoti, e non ci sono nemmeno i soldi per il funerale. Rosa è giovane e piacente e due ammiratori attratti dal suo fascino le propongono soldi in cambio della sua compagnia, ma lei non vuole rinunciare alla sua dignità.
Eyimofe è il film d’esordio di una coppia dei gemelli 35enni, Arie e Chuko Esiri (il secondo anche sceneggiatore), nati e cresciuti proprio a Lagos, e poi trasferitisi a New York per studiare regia e sceneggiatura. Il film ha un approccio verista, con un ritmo lento e dilatato. La realtà esaminata viene studiata fino in fondo, tra le baracche di fango dove abitano i cittadini e gli hotel stellato frequentati da turisti e stranieri.
“Non vogliamo fare film per sostenere un determinato punto di vista o per persuadere qualcuno a pensare in un certo modo. Vogliamo raccontare una situazione specifica con il massimo di verità possibile, come si vive nel quotidiano qui a Lagos. Questo ha ripercussioni sul nostro modo di fare cinema, che è molto oggettivo, quasi documentaristico, proprio perché cerchiamo di trasmettere la verità della situazione”, dice Arie.
“Volevo solo che il pubblico avesse un’idea di questa parte di mondo che probabilmente non conosce o non ha mai visto. Che si riconoscesse nei personaggi, che empatizzasse con il loro viaggio emotivo. E anche che ricontestualizzasse ciò che ha sentito o meno sulle ragioni che spingono le persone a lasciare il loro paese”, commenta Chuko.
“E’ un film politico ma la scelta di girare in pellicola non è politica – prosegue ancora Arie – E’ che vivere in Nigeria e a Lagos è una situazione politica di per sé. E’ difficile vivere lì e non parlarne. La scelta è stata forse più storica. Volevamo catturare l’essenza della città in un formato indelebile e che potrà durare per secoli. Lagos è un posto che al cinema non si conosce. Abbiamo girato in 40 location. Vivere in Occidente non ci ha influenzati culturalmente. Abbiamo frequentato certamente luoghi di studio per avere la nostra competenza, che ci ha permesso di acquisire soprattutto le conoscenze tecniche, ma non culturali. Abbiamo anzi apprezzato meglio il nostro luogo d’origine osservando la nostra cultura con altri occhi, e ci ha fatto capire meglio cosa vogliamo fare.
“Credo che la pellicola resti il miglior metodo per esprimere la cinematografia anche in epoca digitale – si sofferma poi il regista sugli aspetti tecnici – nulla può superare la sua qualità. Io lavoro esclusivamente su pellicola, credo sia lo strumento migliore per girare e fotografare la realtà qui fuori. Lagos merita questa importanza. La pellicola permette di avere una dinamica sfumata, soprattutto in quella zona dove fa caldo e le tonalità della pelle sono scure. Il 16mm è stato indubbiamente lo strumento migliore per realizzarlo”.
Chuko risponde invece alle domande sul fenomeno ‘Nollywood’, cioè la nuova ondata di grande cinema che si sta sviluppando in Nigeria. “Nollywood sorge a causa di un bisogno, ed è il bisogno che stimola la virtù. E’ un fenomeno ampio e una rete che cattura tutto. Ci sono caratteristiche comuni, non è detto che tutti seguano questi luoghi comuni, schemi e strutture”.
“E’ uno scambio fluido. Arie è più tecnico, lui lavora con la destra e io con la sinistra. Io cerco dettagli, parole, recitazione. Lui muove la camera e lavora sugli aspetti visivi della macchina da presa, inquadrature e riprese. Ci scambiamo informazioni su quello che ciascuno di noi vede, siamo insieme ma separati, in un certo senso”.
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