Era mio padre, una star del pop


CANNES – Soshite Chichi Ni Naru (Like father, like son) è certamente una delle prime sorprese del Concorso di Cannes. Dal giapponese Kore-Eda Hirokazu, una commedia intelligente e moderna sul tema della ‘genitorialità’. In un equivoco che ha del pirandelliano, due adorabili bambini vengono ‘scambiati’ in ospedale appena dopo la loro nascita. Il problema è che nessuno se ne accorge finché le due creature non hanno compiuto il sesto anno d’età. L’ospedale informa i rispettivi genitori, comprensibilmente turbati dalla notizia. Le due coppie dovranno decidere se lasciare le cose come stanno o tentare di rimetterle a posto scambiando di nuovo i due bambini. Ci provano, ma le tensioni si fanno sentire, acuite anche dalla notevole differenza di status sociale delle due famiglie. I genitori ‘poveri’ dovranno prendersi la responsabilità di rinunciare a un futuro di agiatezze per il proprio pargolo, se decideranno di riprenderlo con loro. All’inverso, i ricchi saranno assillati dall’idea che il proprio figlio biologico cresca in un ambiente più umile di quello che gli era originariamente stato destinato. E’ una commedia, ma c’è anche del dramma, in linea con la tendenza del cinema orientale a esprimersi per temi più che per generi.

“La differenza di classe sociale tra le due famiglie non era, nella mia testa, il punto centrale del film – spiega il regista in conferenza – Si trattava di trovare per il mio protagonista la situazione più lontana possibile da lui, la più scioccante. Volevo provocare un rovesciamento nel suo sistema di valori. L’importante è che si trovasse di fronte a una situazione disarmante. Dovevo trovare il suo esatto opposto. Per vie traverse, si finisce per mostrare aspetti di diversità radicale tra le classi sociali giapponesi, ma non era il mio intento principale.

 

Il protagonista Masaharu Fukuyama è una grande star del music business in Giappone ed è un uomo eclettico, essendo anche un noto speaker radiofonico e un apprezzato fotografo. Ora, arriva a Cannes in qualità d’attore: “E’ ancora troppo presto per valutare come questa esperienza possa influire sulla mia carriera – dichiara – ma è stata un’esperienza meravigliosa che in qualche modo è legata alla mia preparazione musicale. Lavorare con i bambini è proprio come essere ‘live’ su un palco, c’è molta improvvisazione. Kore-Eda ha lavorato come se fossimo in un documentario, captando momenti che non sarebbero mai tornati, un continuo ‘buona la prima’. Se le emozioni di quei momenti arriveranno al pubblico, sarà fantastico. I bimbi non conoscevano la sceneggiatura. Gli davamo il soggetto del giorno, come se fosse un gioco, e poi.. giocavamo, ci divertivamo insieme. Non potevano sapere quando si girava e quando si giocava. Per questo dico che si è trattato più di documentario che di fiction vera e propria. Non so, forse un giorno potrei recitare davvero. Se mi chiedessero di ripetere l’esperienza, lo farei”.

“Captavo le reazioni dei bambini in maniera spontanea – conferma il regista – saranno gli spettatori a confermarmi il risultato di questa scelta. Per questo mi piace Cannes, c’è la possibilità di confrontarsi con un largo numero di spettatori. Ieri, appena arrivato, mi sono trovato a tavola con Francois Ozon ed è stato meraviglioso poter scambiare con lui osservazioni sulla nostra arte. Al momento, mi sento un po’ sotto pressione, ma non vedo l’ora di potermi rilassare per continuare a sentire il parere del pubblico e dei colleghi”.

E se la situazione del film capitasse davvero a qualcuno? “E’ difficile rispondere – commenta Fukuyama – anche perché una risposta vera non c’è nemmeno nel film. Il finale non è un finale. Si arriva a un punto in cui non si sa più chi è il padre di chi. I bambini crescono, e crescono anche gli adulti. E’ una storia su come si diventa padri. Ma forse, alla fine del film, gli adulti hanno bisogno di crescere ancora un po’”.

autore
18 Maggio 2013

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