“Il copione mi ha folgorata e ho capito sarebbe stato un film complicato umanamente, ma potevo mettermi alla prova e scendere negli inferi del dolore, dell’apatia. Per quanto mi sia calata in una donna che non mi appartiene, un 20% si connette alla mia vita, a quando le possibilità mi sono state negate mentre credevo di meritarle. La vita sputa Teresa fuori dalla società: in lei ho rivisto la vita di tanti esseri umani che soccombono a questa società poco inclusiva, dal punto di vista etico, sociale, politico. Mi sono messa in gioco, ero proprio una gran figa con i miei lunghi capelli biondi (nella vita reale), ma mi sono adeguata al personaggio, camminando e mangiando come lei, vivendo come Teresa per sei lunghe settimane. Le scuole (per studiare canto e/o recitazione) non me le sono potute permettere, ho sempre lavorato d’istinto: nel cinema è il regista che ti guida e Stefano mi ha chiesto delle cose che spero di aver dato; lui mi ha offerto anche la libertà di trasformare Teresa, recitando cose non sempre scritte in copione: per me, un approccio folgorante. Mi ha lasciata libera di essere questa donna a modo mio”, così Emma Marrone – protagonista de Il ritorno di Stefano Chiantini, film della selezione di Alice nella Città – racconta alla stampa.
Il ritorno è un film di frontiera, quella che, se anche si passa, non permette di perdere l’essenza di essere madre, nonostante tutto, a costo di tutto, anche di fallire. “L’ho voluta perché ero convinto fosse la persona giusta per dare sostanza a questo film: è una grande attrice, l’ha dimostrato. Letto il copione abbiamo individuato la linea emotiva e del film, giocato su un ritmo tantrico della persona”, spiega Chiantini. “Lei è stata bravissima anche perché arrivava dall’esperienza con da grande autore, Muccino, ma differente rispetto al mio modo di raccontare”.
Emma Marrone (Teresa) porta sullo schermo un ruolo che non la fa percepire forzata nella parte, che sembra essere naturale per le sue corde, seppur sia la storia di una circostanza a lei estranea, quella di una madre, dell’esperienza del carcere, della fatica della ricerca di un rapporto – lacerato da 10 anni di distanza – tra suo figlio Antonio, in un primo tempo di pochi mesi, adesso bambino (Lorenzo Ciamei), per cui quella mamma è praticamente un’estranea e comunque “sanno tutti che sei stata in carcere” le fa notare, chiedendole di non andare a prenderlo davanti alla scuola, consapevole di un passato recente, che lui stesso sente pesare addosso alla sua infanzia, ma la caparbietà di una madre – nonostante il dolore di essere trattata come un fantasma, o peggio come un’appestata di vita – le permettono di non farsi schiacciare dal male di quel rapporto interrotto e fratturato, e di combattere per cercare di ritrovare il suo posto nel mondo, quello di Antonio: “io ho solo te, provaci a volermi bene”, è una frase chiave della storia, detta da Teresa al figlio, distratto e isolato dentro lo schermo di un videogioco, ma… “io con te non ci so stare”, risponderà più tardi lui.
“Quando scelgo i progetti non scelgo l’essere protagonista ma in base a quello che penso di poter apportare al personaggio. Teresa è vittima degli eventi, e anche un po’ di se stessa per certi punti di vista. Nel film non è menzionata la sua famiglia d’origine ma io mi sono un po’ interrogata in che realtà fosse nata. E sì, esiste la mascolinità tossica così come la femminilità tossica: in generale, nella società, manca l’educazione ai sentimenti, ma questo lo capisci solo crescendo: però, rientra anche quella nelle possibilità date dalla vita”, continua Emma.
C’è un prima e c’è un adesso in questa storia diretta da Chiantini, e entrambi i tempi includono anche Pietro (Fabrizio Rongione), il papà del piccolo, tipo poco affidabile, viziato dal gioco, con i debiti che stringono la quotidianità, mentre Teresa – in solitaria – nella periferia romana si destreggia tra lavoro, casa e maternità, affettiva e pratica; fino a dover compiere un gesto estremo, di sopravvivenza, un gesto da leonessa che istintivamente protegge il proprio cucciolo ma che le costa la galera, da cui esce, tornando da Pietro e Antonio; però il prima, naturalmente, non è l’adesso. L’attore belga, che recita il ruolo del compagno di Teresa, è stato punto di luce per i Due giorni, una notte dei Dardenne; mentre, nella prima scena, vive un cameo di Sandra Ceccarelli.
A questo punto della carriera, c’è una Emma in equilibrio tra musica e cinema, questione a proposito di cui dice: “Preferisco vederle come due strade completamente diverse, sono due mestieri completamente diversi. Sono due forme d’arte e l’arte ci insegna che possa vivere in maniera differente in una stessa persona; il mio problema è che credo di essere tante persone diverse, ho il bisogno di far più cose diverse e l’arte può essere lo sfogo per mettere in pace queste personalità; sono una persona iperattiva, che ha bisogno di scavare e trovare risposte, che spesso trovo fuori da me. Nella mente sono libera dal mio autogiudizio, spesso molto cattivo, quindi posso essere attrice e/o cantante, perché credo che alla base ci sia una buona dose di talento per cui io lavoro ogni giorno, per svilupparlo, e sto avendo le possibilità, come questa enorme datami da Stefano. Io mi metto a disposizione dell’arte, anche se significa devastare la mia persona: l’immagine deve stare al di sopra dell’arte, deve un po’ finire questa tendenza, perché solo portando la verità si rende giustizia al cinema, non con la finzione di comodo”, conclude Emma Marrone.
Il ritorno uscirà prossimamente in sala con Adler Entertainment, intanto Samantha Antonnicola spiega: “Rai Cinema – co-produttore – aveva già supportato film precedenti di Stefano, una stima che non si sa perché dovrebbe interrompersi: questo era un copione sfidante per Emma, e la sfida stava nei silenzi, nel riuscire a trasmettere allo spettatore un distillato di dolore senza cadere nel pietismo. Un film, alla visione, che tiene un equilibrio perfetto, ti scioglie” .
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