“Le cifre presentate dall’Anica sull’andamento del cinema italiano sono poco rassicuranti. Ma da qui a dire che la crisi dei film italiani è dovuta al modo in cui vengono finanziati dal Dipartimento dello Spettacolo ce ne passa”. All’indomani della presentazione del rapporto sul cinema del Duemila, con tanto di ricetta “anticrisi” elaborata dall’Anica, Emidio Greco, il regista di Una storia semplice, non è d’accordo sull’analisi generale della situazione.
Partiamo dai numeri. Il cinema italiano è in crisi o no?
Purtroppo su questo c’è poco da discutere e sostenere il contrario non è una cosa ragionevole. Va anche detto però che le cose stanno cambiando, seppur lentamente. Nell’ultimo periodo i pregiudizi che il pubblico aveva nei confronti del nostro cinema stanno si stanno lentamente sgretolando.
Perché non è d’accordo con chi vorrebbe smantellare l’attuale sistema di finanziamento pubblico?
Dire che il cinema è in crisi e sostenere che le colpe sono tutte delle pellicole d’autore e del modo in cui vengono finanziate è una deduzione forzata e scorretta. I produttori dicono che bisognerebbe andare incontro ai gusti del pubblico, bene: che lo facciano, nessuno glielo impedisce. Il problema non sta nei meccanismi del finanziamento per i film di interesse nazionale, anzi, il Dipartimento dello Spettacolo è una delle poche cose che funziona.
E allora, che cos’è che blocca il cinema italiano?
La distribuzione: è lì la strozzatura mortale. Il nostro cinema è come un bambino soffocato nella culla: riesce a nascere, ma non a crescere perché viene ammazzato prima. La legge di adesso, che prevede un fondo di garanzia anche per i distributori, in realtà ha alimentato un meccanismo perverso. Alla fine i produttori che prendono il fondo di garanzia vengono deresponsabilizzati e non si preoccupano affatto di far arrivare i film nelle sale. Rendiamoci conto che al di là delle grandi città, i titoli italiani nei cinema non ci arrivano nemmeno, e l’Italia è tutta provincia, non certo grandi metropoli.
C’è una soluzione?
Bisognerebbe copiare la legge che vige in Spagna, che lavora direttamente sui listini. Per ogni film extra-europeo distribuito ce ne deve essere anche uno del Vecchio Continente, in rapporto di uno a uno.
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